Cinque modi in cui le donne manipolano gli uomini
Capirli per decidere quando stare al gioco, andando oltre l'idea che la manipolazione sia sempre un male
C’era una volta un piccolo mollusco acquatico che, grazie ad una livrea particolarmente oscena, riuscì a far credere ai predatori di essere indigesto e non finire divorato. Sopravvissuto al mollusco figo che lo bullizzava al liceo, consolò la sua vedova passando la propria caratteristica e la commovente storia alle generazioni successive, con quell’orgoglio tipico di chi pensa che anche la fortuna sia un merito personale.
Trascorsero lunghi eoni, gli animali cominciarono a camminare sulla terra, le farfalle impararono a dipingersi degli occhi sulle ali per sembrare più minacciose, gli scoiattoli a creare dei nascondigli falsi per sviare gli altri scoiattoli ed evitare che gli fregassero le provviste, i cani a simulare le espressioni umane di vergogna e pentimento per calmare i padroni dopo aver cagato sul tappeto, i bambini a piangere per richiamare l’attenzione dei genitori, gli uomini a dire “certo che quella è la mia macchina”, le donne “certo che questo è tuo figlio”.
Manipolare è un'azione talmente consolidata in natura che dire che lo facciamo tutti, ed in continuazione, quasi è riduttivo. Questa premessa è fondamentale affinché, prima di sentirmi partire in quinta su come evitare di farvici fregare, vi togliate dalla testa alcuni pregiudizi sul gesto in sé, poiché qualsiasi gesto atto a stimolare una reazione in un'altra persona, portandola a modificare il proprio comportamento di conseguenza, è una manipolazione: dalla più spudorata bugia al più innocente sorriso con cui si chiede un favore.
Identificarla quindi come una cosa intrinsecamente sbagliata non ha alcun senso. È un paradigma arbitrario, in genere usato da chi di manipolare a sua volta non si rende conto, o vuole restringerne il concetto per potersene sentire esente, appagando la propria percezione di superiorità morale.
Prendiamo a esempio i detrattori seriali di qualsiasi “tecnica da rimorchio”: fare il misterioso con una donna per crearle curiosità è manipolatorio, diranno. Sì, e allora? Lo è anche prenderle dei fiori, aprirle una porta, farle un complimento. E che dire di chi giura di “mostrarsi semplicemente per quello che è”? Non lo fa forse nella speranza che lei ne resti ammaliata, credendolo in qualche modo diverso dagli altri per questo?
È chiaro che ci sono manipolazioni che accettiamo e altre che non accettiamo, secondo criteri del tutto soggettivi. Quando se ne sta subendo una, dunque, trovo sia molto più proficuo porsi dubbi pragmatici, piuttosto che deontologici. Cosa vi sta venendo chiesto di fare? Potreste essere persuasi a farlo anche diversamente? Ci sarà mutuo beneficio se cedete, oppure la cosa andrà a vantaggio di chi vi sta manipolando e vostro discapito? Riceverete la metaforica carota che vi aspettate alla fine del processo, oppure vi sta venendo sventolata come esca poco più in là della vostra portata?
Sapervi rispondere, ovviamente, richiede anzitutto che siate consapevoli di star venendo manipolati. Ed è qui che farò la mia parte, aiutandovi a riconoscere cinque modi in cui le donne, nello specifico, manipolano gli uomini.
Perché solo questi e non anche cinque modi in cui gli uomini manipolano le donne? Perché faccio il cazzo che mi pare aiutare gli uomini è ciò che mi riesce bene, nonché ciò a cui preferisco dare la priorità. Certo, un paio delle strategie illustrate potrete constatarle comuni ad ambo i sessi; per quelle invece tipicamente usate dagli uomini nei confronti delle donne e non viceversa, lascio a qualche gentile volontaria che voglia metter le cose in pari a tutti i costi di scrivere il proprio articolo o fare il proprio video a riguardo. Chissà che non decida addirittura di pubblicizzarlo qui, dovessi trovarlo ben realizzato. Non dubito che anche le donne potranno beneficiare di una maggior consapevolezza di quando è un uomo a manipolarle.
Ma nel frattempo, cominciamo con un cliché decisamente a senso unico.
Il pianto
Se vi siete mai chiesti come sia possibile che le femministe facciano il proprio successo dipingendo le donne come vittime di ogni possibile ingiustizia, anche inventata di sana pianta, mentre gli MRA non abbiano mai ottenuto una vittoria significativa da quando esistono, è presto detto: mostrarsi feriti e inermi funziona solo quando dall'altra parte si viene effettivamente percepiti come più vulnerabili, e ciò vale nella dimensione collettiva dei rapporti umani come in quella individuale.
L’uomo non riceverà mai dalla donna la stessa empatia che la donna riceve dall’uomo lamentandosi per la propria sofferenza, vera o presunta, perché la percezione reciproca che governa i nostri rapporti è profondamente asimmetrica. Cercare di cambiare questa dinamica proprio lamentandosene non fa che accentuarla, e questa è una delle tante ragioni per cui ritengo che il movimento MRA sia pieno zeppo di ritardati destinato a fallire. Lo stesso vale per voi: provate a ottenere qualsiasi cosa dalla vostra fidanzata piagnucolando e magari riceverete riluttante compiacenza una volta o due, ma inevitabilmente finirete per farle perdere rispetto e attrazione nei vostri confronti.
Non odiatela per questo. Siete voi ad esservi evoluti per proteggerla affinché potesse fare da incubatrice al vostro sperma, non il contrario.
Da qui il potere del suo pianto: un potere che aveva perfettamente senso di esistere in un ambiente ancestrale, nel quale le donne vivevano in costante pericolo. Ora che ci adagiamo nella modernità, lo stesso può diventare una fortissima arma per raggirarvi quando a farlo scaturire sono stupidaggini. E sia chiaro, non è che in questi casi a far scendere le lacrime sia un conscio e deliberato intento, almeno il più delle volte. È semplicemente il modo automatico e fisiologico in cui le donne processano determinate emozioni, la forza delle quali non necessariamente è calibrata all'effettiva gravità dell'evento che le ha causate. Quando avete a che fare con una abbastanza matura da capirlo, non è raro sentire lei stessa ridimensionarne il peso.
Quando invece non è così, sta a voi mettere a tacere l’istinto protettivo e valutare con distacco la situazione. A volte, dietro due occhi umidi, ci troverete un motivo serio e sarà il caso di fare qualcosa, o rimediare a qualcosa che avete fatto; altre volte ci troverete un capriccio, e sarà il caso di rispondervi come rispondereste se a farlo fosse un vostro figlio piccolo, niente più e niente meno. A meno che non cediate come dei polli pure ai capricci di vostro figlio, nel qual caso temo di non essere in grado di aiutarvi. Dio vi abbia in gloria.
Ci sono momenti in cui per evitare di farsi sopraffare è necessario essere disposti a fare gli stronzi della situazione, e restare impassibili davanti a un piagnucolio è uno di questi: armatevi di pazienza e aspettate che passi. Offrite comprensione al limite, ma nulla di più.
Ricordatevi questa regola d’oro: non premiate un comportamento che non volete incentivare.
L’escalation di rabbia
Fra cosiddetti “maschi civilizzati” esiste una tacita consapevolezza che, in circostanze normali, è sufficiente a evitare di accendere troppo i toni di una discussione: la consapevolezza che, se un certo limite di rispetto reciproco venisse superato, si rischierebbe di venire alle mani.
Non vedrete mai un uomo inseguirne un altro per urlargli le cose nell’orecchio, a meno che non stia cercando espressamente botte. Lo stesso timore reverenziale non sembra tangere molte donne. E questo perché, in netto contrasto con l'ansia costante di subire aggressioni da parte di sconosciuti che le caratterizza, quando si trovano a tu per tu con un uomo che conoscono sanno benissimo, a meno di non aver a che fare con un criminale, che con tutta probabilità questo arriverebbe a farsi rompere dei piatti in faccia prima di azzardarsi a toccarle. Non ultimo perché terrorizzato da ciò che la legge potrebbe fargli altrimenti.
Per fortuna è raro che si giunga a certi estremi, ma non è necessario per notare la relativa facilità con cui alcune alzano la voce e fanno pesare la propria incazzatura fino a rendersi moleste, confidenti del fatto di poter rincarare la dose a oltranza. Quando succede, tipicamente gli uomini rispondono in due modi: accontentandole per calmarle, dandogliela così vinta, oppure alzando la voce a propria volta… dandogliela anche così, in parte, vinta.
Vedete, nel momento in cui lei si scalda e voi fate lo stesso in risposta, anche se non cedete propriamente alla sua richiesta, fate comunque vincere il suo frame, la sua “versione dei fatti”, ovvero che c’è un valido motivo per scaldarsi. Non potete semplicemente fuggirne così, a meno che non siate quel tipo d’uomo disposto a prevaricarla urlando più forte di lei o usando con le mani se necessario. E mi auguro che non lo siate.
No, la soluzione per quando una donna cerca di usare la propria rabbia per piegarvi è disinnescarla con leggerezza, se ci riuscite, oppure disimpegnarvi. Rifiutarvi, con la più assoluta calma, di proseguire la conversazione. Lasciare la stanza, se necessario; smettere di risponderle, se la cosa avviene per telefono. “Ci sentiamo quando ti sei calmata e sei in grado di sostenere una conversazione fra adulti”, reiterato quante volte serve.
Pensate che sia estremo? Beh, so di abusare di questo esempio, ma immaginate di avere una voglia matta di scopare e di non trovare lei altrettanto ricettiva. Cliché, lo so. Ci provate un paio di volte, ma niente da fare. Riterreste un comportamento accettabile continuare a inseguirla per casa con l’uccello in tiro, o molestarla al telefono con delle foto? Guardate che vi vedo: voi lettori state ridendo e voi lettrici state dicendo “ma non è la stessa cosa”. Vi assicuro, l’unica differenza è che permettere a un uomo di svuotarsi le palle non lo si ritiene mai gesto dovuto, nemmeno in una relazione, ma che lui debba permettere di farsele asciugare, per qualche motivo, sì.
Vi passo dunque un'altra regola d’oro: il rapporto verbale, come il rapporto sessuale, non è un obbligo. Si discute quando si ha entrambi intenzione di discutere. Non lasciate che lei usi la propria rabbia come arma di ricatto. Qualsiasi ne sia la ragione, vi assicuro che in ultima istanza vi rispetterà più vedendovi tener terreno che vedendovi soccombere. Anche se, lì per lì, alzerà ulteriormente la voce.
L’appello all’ego
“Saresti così gentile da darmi una mano, tu che hai il fisico?”
Sarà davvero il mio bicipite ad attrarle come mosche, ma resto ogni volta sbalordito davanti alla naturalezza con cui così tante donne viaggiano abitualmente con bagagli così grossi da non riuscire nemmeno a sollevarli quando salgono sul treno. E non dovrei, perché il motivo lo so benissimo: hanno la sicurezza di trovare un uomo che le aiuterà a farlo, all’occorrenza. Il loro segreto? Il nostro costante bisogno di validazione.
Un bisogno che si presta particolarmente ad essere sfruttato al giorno d’oggi, in cui i modi tradizionali per provare la propria mascolinità scarseggiano. E intendiamoci: finché si tratta di aiutare a sollevare un bagaglio, o aprire il classico vasetto di marmellata, la cosa passi pure con un sorriso. Ma una donna astuta può essere in grado di ottenere favori a costo zero per una vita intera facendo leva sulle giuste lusinghe. Un occasionale “grazie per non essere come quel coglione del mio fidanzato, non so come farei senza di te” a volte è tutto ciò che le serve per tenere all’infinito un uomo nel loop della friend-zone, a farle da tampone emotivo mentre “quel coglione” continua a farle da tampone vaginale.
E se “quel coglione” la lascia incinta? Beh, mica vorrete scappare da lei solo perché è una mamma single. No, voi non siete dei ragazzini che hanno paura di prendersi delle responsabilità. Voi sì che siete i Veri Uomini™ di cui la nostra società ha bisogno per rialzarsi! Ora tirate fuori le palle e salvate questa disgraziata da se stessa; ci assicureremo di menzionare l'indomabile spirito sacrificale che avrete dimostrato nel vostro epitaffio.
Avete colto l’antifona, presumo. Come per il pianto, serve specificarlo, è raro che ci sia intenzionale malizia nelle lusinghe che una donna elargisce. Quanto dice, in linea di massima, riflette per davvero le emozioni che prova in quel momento. Il punto è che si tratta di emozioni effimere. Ciò che prova per voi all’idea che la salviate dal dirupo non è detto continui a provarlo quando lo avrete fatto, ed anzi, capita persino che si trasformi in rancore quando realizza che il gesto ha creato un’aspettativa di reciprocità.
La regola d’oro per resistere a questo tipo di manipolazione? Chiedetevi “cosa ne viene a me?” prima di lasciarvi trasportare in qualsiasi decisione. Sbarazzatevi del bisogno di veder approvato dalle donne ciò che fate e gli appelli all’ego perderanno ogni forza nei vostri confronti. Sottraetevi alla friend-zone perché realizzate che le vostre energie sono meglio spese con una donna che ricambi il vostro interesse sessuale, lasciate perdere una mamma single perché il figlio che lei ha deciso di fare con un altro uomo è un impiccio che fate a meno di avere. Siate indifferenti all'adulazione usata come esca e state in guardia, perché non ci metterete molto a vedere qualcuna passare alle cattive.
L’appello alla vergogna
Quanto le donne diano per scontato tutto ciò che gli uomini fanno per facilitare loro l’esistenza, tanto da considerarlo l’assoluta normalità delle cose, è dimostrato dall’aggressività della loro reazione quando qualcuno di questi smette di stare al gioco. Cominciate a porre i vostri interessi al primo posto e, vedrete, comincerete ad essere additati in qualsiasi modo.
“Sei un egoista!” “Sei un vigliacco!” “Sei un misogino!” “Sei un bambino!” “Sei uno sfigato!” “Ce l’hai piccolo!”
Ciascuno ha le proprie personali insicurezze e prima o poi, sparando nel mucchio, beccheranno la vostra. Il cosiddetto “shaming”, purtroppo o per fortuna, funziona. E come ogni manipolazione, il suo intento non è intrinsecamente maligno: far vergognare chi fa qualcosa di dannoso per gli altri è un gesto pro-sociale, probabilmente uno dei più antichi meccanismi che abbiamo sviluppato per favorire la cooperazione di gruppo. Può essere, però, facilmente abusato per portar qualcuno ad agire contro il proprio interesse, a favore di quello di una collettività a cui gli si fa credere di appartenere.
“Se solo voi uomini foste più collaborativi, del femminismo beneficereste anche voi!” …'sti gran cazzi!
Fra tutte le tattiche che sto descrivendo, questa è decisamente quella col maggior potenziale di danneggiamento della persona su cui viene usata. In compenso, raccogliere la forza di ignorarla è relativamente semplice, seppur non indolore: dovete rendervi conto di essere in un cosiddetto doppio vincolo e non poterne comunque uscire, qualsiasi cosa facciate. Perché? Perché un gesto ottenuto con la coercizione della vergogna non sarà mai interpretato come genuino, e acconsentire a compierlo non farà che confermare la legittimità della vergogna stessa, incentivando un’escalation di richieste punitive.
E qui, per inciso, vi ho dato la ragione di fondo per cui non dovreste mai e poi mai dar retta alle accuse di razzismo, sessismo, fascismo, omotransfobia e quant'altro che vengono dai cosiddetti Social Justice Warriors: non importa quanti gesti di autoflagellazione compiate, non sarà mai abbastanza per saziarli. Tale è la forza delle “spirali di purezza” di matrice religiosa; ma di questo ho già parlato.
La regola d’oro per non cadere vittima dell’uso strumentale della vergogna è: rifiutate di scusarvi per colpe inesistenti e di cercare di rimediare a cose che non avete fatto, perché trattandole come reali, le renderete tali.
Lo spostamento della prospettiva (frame)
Terminiamo la lista con un’evoluzione un po’ più subdola della cara e vecchia mossa di Aikido femminile consistente nel tirar fuori eventi passati che non c’entrano nulla con la discussione in corso.
Nella versione 1.0, questa tattica manipolatoria consiste nel muovere continuamente il bersaglio della disputa in modo che non venga mai colpito. Ha un utilizzo limitato, perché si presta ad esser notata subito e fermata con un paziente “non cambiare argomento”. Adoperata in modo più furbo, consiste nel mettere il bersaglio un po’ di traverso fin dall’inizio, quel tanto che basta affinché non si noti troppo.
Mi rendo conto di dovermi spiegare con qualche esempio. Per fortuna ce n’è di palesi: avete presente l’aspirante pancina che se ne esce con “in quanto mamma…” prima di sparare una stronzata colossale? Ecco, lo scopo di una premessa del genere è offuscare i contorni dell’argomento, rendendo il lavoro mentale per smontarlo così tedioso da indurre l’interlocutore a lasciar perdere ancora prima di iniziare. Analogo è il caso di chi, all’opposto, davanti a un’affermazione perfettamente sensata a cui non sa come rispondere, chiede “che titolo hai per dirlo?”.
Supercazzola dopo supercazzola, si porta l’altro a dimenticare da dove il discorso è iniziato e lo si fa finire esattamente dove si vuole. Il motivo per cui questo magheggio è particolarmente micidiale quando fatto dalle donne sugli uomini è da ricercarsi, trovo, non solo nella maggior padronanza linguistica delle prime, ma anche e soprattutto nella necessità dei secondi di apparire logici e coerenti a tutti i costi. Val la pena, a questo proposito, citare il genio comico di Chris Rock.
Quando vi sembra che una donna giochi sporco con delle argomentazioni incongruenti, non è perché sia viscida o incapace di ragionare, ma perché in linea di massima avete in testa due modus operandi completamente diversi per arrivare allo stesso obiettivo: voi state cercando di risolvere la questione da un punto di vista logico-consequenziale, perché siete convinti sarà questo a convincerla che avete ragione voi; lei, intanto, sta cercando di fare in modo che percepiate le sue stesse emozioni, perché è convinta sarà questo a convincervi che ha ragione lei.
Entrambi, insomma, state cercando di manipolare coi mezzi che meglio persuadono voi stessi, ed entrambi siete vittima della reciproca incapacità di capire come funziona l’altro. Quindi… smettete di odiarla perché il suo gioco è diverso dal vostro e cercate piuttosto di intenderne le regole. Lasciate perdere l’ossessione di essere obiettivi – vi assicuro, non lo siete in ogni caso – e imparate a percepire quando il discorso si è spostato dai fatti alle emozioni relative ai fatti. A quel punto, consapevolmente, decidete se starci o meno.
Ma ribadisco, non fatelo pensando che manipolare sia un gesto intrinsecamente negativo. Altro non è che il modo naturale e istintivo in cui cerchiamo di persuadere gli altri. Tenete altresì conto che quella di argomentare logicamente è una capacità che abbiamo sviluppato non per guardare la realtà in modo oggettivo, ma a sua volta come mezzo di persuasione1.
Manipolare può essere fatto per il beneficio di tutte le parti coinvolte o a scapito di qualcuna, e questo ritengo essere il criterio più sensato e proficuo per definire una manipolazione buona o cattiva. Qualora vi accorgeste che sta venendo usata per fregarvi, ricordatevi che gli strumenti a vostra disposizione, almeno nell'ambito di una relazione di coppia, per tenere le cose sotto controllo, sono tre: la vostra attenzione, il vostro affetto e il vostro impegno nel tenere le cose assieme.
La ricetta per far capire che è stato superato un limite è, semplicemente, rimuoverli, in maniera commisurata alla gravità della violazione. Funzionerà a meraviglia, finché sarete abbastanza attraenti e abbastanza validi da non poter essere rimpiazzati dal primo che passa.
Ma su come arrivare lì ho scritto e ho intenzione di scrivere tanto altro.
The righteous mind: why good people are divided by politics and religion (Jonathan Haidt, 2012)