Perché esiste ancora il negazionismo climatico
Neppure le aziende petrolifere contestano più le responsabilità umane nella crisi delle temperature. Ma i nuovi scettici si spostano dal mettere in dubbio le cause a opporsi alle soluzioni
Negare la crisi climatica oltre ogni evidenza scientifica può garantire qualche copia in più di un libro o visualizzazione su Youtube, e nel breve periodo assicura anche gli applausi da quei poteri che non vogliono esporsi contro la transizione ecologica ma che gradiscono qualunque intervento che ne limiti la portata e l’ambizione
Buongiorno a tutte e tutti,
come succede spesso, mi trovo di nuovo a parlare di clima. Per due ragioni. La prima è che questa sera c’è una nuova puntata di Petrolio, su Rai3, la trasmissione di Duilio Giammaria con la quale collaboro. Come la settimana scorsa, anche stasera si torna a parlare di crisi climatica e di transizione energetica.
La seconda ragione è che per chi si occupa di politica e di economia come me ormai è impossibile evitare di incrociare le discussioni sul clima. Perché da molto tempo non sono più dibattiti sui comportamenti individuali, di quante docce si fanno alla settimana o della percentuale di raccolta differenziata.
Il discorso sulla transizione ecologica è un discorso di politica industriale, e di politica senza aggettivi, nel senso che richiede la costruzione di consenso e di coalizioni di interessi che favoriscano certe politiche invece che altre.
A Petrolio si è misurato, la settimana scorsa, quanto è difficile e - dal punto di vista dei giornalisti - maneggiare questo tema quando viene preso sul serio: se parli di petrolio e transizione in Italia finisci a parlare di Eni, ma se nomini Eni e non dai all’azienda diritto di parola ti esponi al rischio di conseguenze legali; se la inviti, i vertici aziendali sono liberi di non accettare, se non gradiscono il contesto (a Petrolio c’era un documentario su come le aziende petrolifere hanno nascosto la crisi climatica per anni); se a quel punto parli di loro in assenza, comunque è problematico, e così via. Ci siamo capiti.
Per parlare di clima prendendo sul serio la questione bisogna parlare dei negazionisti climatici. Che sono di varie forme e con gradi diversi di manipolazione della realtà.
Il sito Scienza in rete, tra i più seri in materia di divulgazione scientifica, ha dato conto di uno studio interessante del Center for Countering Digital Hate (CCDH): l’analisi riguarda il negazionismo climatico su Youtube e la sua evoluzione, 12mila video sul clima, pubblicati da 96 canali in cinque anni, tra inizio 2018 e fine settembre 2023. Youtube è un mezzo di comunicazione di massa e trasversale, infatti quei video coprono 325 milioni di visualizzazioni.
Grazie a un sistema di intelligenza artificiale, il CDDH ha analizzato i messaggi nei video, qui sotto il risultato.
Come si vede, emerge un'evoluzione molto evidente del negazionismo climatico in un periodo tutto sommato molto breve. Crolla il negazionismo integralista, quello che nega la presenza del fenomeno, mentre aumenta lo scetticismo sulle risposte.
Restano stabili le altre forme di negazionismo, sull’affidabilità della scienza e sul legame tra emissioni e aumento delle temperature.
A livello di esperienza individuale, tutti ormai hanno una percezione chiara che c’è qualcosa di diverso nel clima e che la situazione sta peggiorando: estati sempre più calde, ritiro delle nevi dove prima si sciava tutto l’inverno, siccità seguita da alluvioni e così via.
Non tutti questi fenomeni sono interamente attribuibili al riscaldamento globale nell’entità percepita - ci sono complessi studi di attribuzione per stabilire questi nessi - ma di sicuro sostenere che non c’è alcun problema è sempre più difficile.
Dunque, le campagne negazioniste si spostano sulle soluzioni: le auto elettriche hanno poca autonomia, i pannelli solari non vanno se c’è nuvolo, le pompe di calore sono gadget da ricchi, tassare le emissioni condanna alla fame i poveracci..
Se ci pensate è lo stesso percorso che, in tempi ancora più rapidi, hanno compiuto i no-vax durante la pandemia da Covid-19: l’emergenza non è così grave come dicono, anzi no, è gravissima ed è parte di un piano di “grande reset” delle società ma la soluzione che ci propongono - il vaccino e il green pass - non funziona, e se anche funziona per quasi tutti comunque ammazza troppe persone con i suoi effetti collaterali che ci vengono nascosti… e così via.
Dragoni contro la scienza
In ogni paese ci sono campioni di questo nuovo negazionismo, in Italia ne abbiamo parecchi, quasi tutti a destra, di solito scrivono sul Foglio (giornale del negazionismo climatico quando ancora non andava di moda) o La Verità. A sinistra il fenomeno si declina in una forma di primato lavorista, cioè i posti di lavoro da tutelare specie nell’industria sono prioritari rispetto ai danni di lungo termine all’ambiente.
Tra gli eroi del nuovo negazionismo c’è il giornalista Fabio Dragoni, attivo su vari social e giornali, ha anche pubblicato un apposito libro Per non morire al verde, edito da Il Timone.
Da notare che Il Timone è una casa editrice e una rivista di una galassia di destra cattolica che arriva fino all’asociazione Pro Vita e Famiglia (se volete sapere di più di loro, cercate online, io non ne scrivo perché hanno la querela un po’ troppo facile, ed è un peccato perché nel dibattito delle idee è perfino interessante confrontarsi con loro).
Il libro, per quanto pubblicato da un editore minore, è stato ritenuto degno della consacrazione sul palco di Atreju 2023, la festa di Fratelli d’Italia a Roma, un paio di mesi fa.
Comunque, da un’intervista di Dragoni al sito di Pro Vita e Famiglia si leggono perle tipo:
«Il tema principale è la follia verde di un pianeta che ha 4,5 miliardi di anni meravigliosamente portati e che però sarebbe in pericolo per ciò che abbiamo fatto negli ultimi 150 anni.
Se noi rapportassimo la vita del pianeta a 24 ore, gli ultimi 150 anni equivarrebbero a 3 millesimi di secondo che è un intervallo ridicolo, che può essere misurato oggi solo da sofisticatissimi cronometri in Formula Uno e anche questo fa già ridere da se.
Dopo di che tutto parte dal fatto che la percentuale di anidride carbonica dentro l’atmosfera sarebbe passata dallo 0,03% allo 0,04 per cento. Caspita…questa modifica sarebbe tale da comportare la distruzione del pianeta: direi che un minimo di buonsenso parla da solo».
Opinioni come questa sono legittime perché in democrazia c’è anche il diritto di dire le peggiori falsità, ma non hanno alcuna dignità di rilevanza. Perché l’evidenza scientifica dice tutt’altro.
E quando dico “evidenza scientifica” intendo non “alcuni scienziati” o “la maggioranza degli scienziati”, ma il 99 per cento della letteratura scientifica sul tema, secondo un meta-studio (cioè uno studio su 88125 paper scientifici in materia climatica pubblicati dal 2012).
Di fronte a una convergenza così netta, le opinioni di Dragoni, di Franco Prodi o Franco Battaglia (altre figure nel pantheon intellettuale del quotidiano La Verità) sono semplicemente irrilevanti, da trattare al pari di chi sostiene che la Terra è piatta.
Dragoni, per esempio, non si capacità che un piccolo aumento della concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera possa causare grandi danni. Ma l’IPCC, l’organismo dell’Onu, ha pubblicato a inizio 2023 un assessment report per i policymaker che fa il punto sulle conoscenze climatiche della ricerca scientifica e le loro implicazioni in termini di scelte politiche.
Sappiamo che nei primi due decenni del 2000 (tra 2001 e 2020) la temperatura media sulla superficie terrestre è stata più alta di 1,09 gradi rispetto all’età pre-industriale, cioè 1850-1900.
Quello che i vari Dragoni non capiscono è che conta anche la velocità del cambiamento è rilevante: il 58 per cento dell’anidride carbonica - 2400 miliardi di tonnellate di anidride carbonica - emessa tra il 1850 e 2019 risale al periodo 1850-1989, dunque oltre un secolo, ma il 42 per cento invece si è cumulato tra 1990 e 2019, neanche un trentennio.
La destra cattolica iper conservatrice e reazionaria è - anche su questi temi - all’opposto di papa Francesco che invece ha spostato il Vaticano su posizioni contemporanee in materia di crisi climatica, non mera conservazione del creato ma precisa aderenza alle risultanze della scienza.
Questo si legge nella esortazione apostolica Laudate Deum, del 4 ottobre 2023:
“Negli ultimi anni non sono mancate le persone che hanno cercato di minimizzare questa osservazione. Citano dati presumibilmente scientifici, come il fatto che il pianeta ha sempre avuto e avrà sempre periodi di raffreddamento e riscaldamento. Trascurano di menzionare un altro dato rilevante: quello a cui stiamo assistendo ora è un’insolita accelerazione del riscaldamento, con una velocità tale che basta una sola generazione – non secoli o millenni – per accorgersene”.
Come è possibile che ci sia ancora chi nega un’evidenza scientifica ormai così assodata che perfino il Vaticano - non proprio il posto dove il feeling con la scienza è più facile - l’ha metabolizzata?
Il documentario mostrato a Petrolio ha parte delle risposte, perché per decenni le compagnie petrolifere hanno sistematicamente usato la strategia del dubbio, pagando scienziati e think tank per contrastare le evidenze che la ricerca scientifica andava accumulando.
Le posizioni dell’Eni
Continua a leggere con una prova gratuita di 7 giorni
Iscriviti a Appunti - di Stefano Feltri per continuare a leggere questo post e ottenere 7 giorni di accesso gratuito agli archivi completi dei post.