Tu pagheresti per la privacy sui social?
Se pagare un abbonamento diventa il modo per proteggere dei diritti
Secondo il Wall Street Journal, Meta valuterebbe un abbonamento di circa 13 euro nell’Unione Europea per Instagram e Facebook senza targeted advertising, ossia pubblicità basata sulla raccolta dei dati personali degli utenti. Sarebbe per adeguarsi al GDPR. Ma soprattutto sarebbero 156 euro l’anno (!).
Ovviamente, sarebbe comunque possibile non pagare e continuare a essere profilati e ricevere pubblicità personalizzata.
Max Schrems, il più noto attivista per i diritti online e creatore di Noyb, ha criticato aspramente il rumor dicendo “Fundamental rights cannot be for sale”.
Ma perché succede ciò? È una questione complessa, che riguarda il GDPR, ossia il regolamento europeo per la privacy, e due tappe “legali” del 2023 (qui dette semplici):
a gennaio, Meta ha ricevuto dall’Irish Data Protection Commission (DPC) una multa di 390 milioni perché avrebbe obbligato, di fatto, gli utenti ad accettare il targeted advertising negli anni;
a luglio, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha ribadito che il consenso è l'unica base giuridica plausibile per fare del targeted advertising basato su tracciamento e profilazione.
E, quindi, Meta - che non ha altra scelta - ha comunicato che comincerà a operare secondo il principio del “consenso” del GDPR, ossia permettendo agli utenti di scegliere se essere profilati per ricevere della pubblicità personalizzata.
Tuttavia, il Diavolo sta nel dettaglio: nelle note dell’ultima sentenza, la Corte UE ha scritto che Meta potrebbe offrire agli utenti la scelta di non essere profilati “if necessary for an appropriate fee”. Ossia che per NON dare il consenso alla profilazione bisognerebbe pagare.
Ed è proprio su queste 6 parole che si fonderebbe la notizia trapelata in settimana, che potrebbe cambiare molto della storia della regolamentazione social in UE.
Nel frattempo, Meta non ha commentato nello specifico, ma ha detto che, pur credendo nel valore dei propri servizi gratuiti supportati dal targeted advertising, continua a esplorare opzioni per rispettare le continue evoluzioni della regolamentazione.
Oggi Artifacts prova a vedere alcuni aspetti di questa questione, soprattutto cosa si intenda per “consenso” e perché, se confermata, questa storia potrebbe essere un discreto autogol per l’Unione Europea.
Il Titolo
Sulla definizione di “consenso” l’UE è particolarmente precisa nel GDPR: deve trattarsi di consenso “informato, specifico e freely given”. Dove, tuttavia, per freely si intende più “liberamente”, ossia senza coercizioni, che “gratis”.
A questo punto, è lecito domandarsi se pagare attorno ai 13 euro al mese per proibire a Meta la profilazione rispetti gli standard di un consenso freely given. Difficile: sicuramente non è letteralmente ‘gratuito’, ma nemmeno un processo trasparente. Ma soprattutto, è difficile pensare che rispetti lo spirito dei diritti dell’UE, che non prevedono certo di dover pagare per avere accesso a dei diritti.
Tuttavia, non c’è nemmeno scritto che pagare questa fee significhi non rispettare il GDPR. Su questo vedremo l’interpretazione della Corte, che potrebbe però richiedere diverso tempo.
Restando sulle parole, sarà interessante capire cosa si intenda per una tariffa “appropriate” e quando sarebbe “necessary”.
Sull’appropriatezza, è difficile immaginare o capire quanto far pagare una cosa che è sempre stata gratis. Ma, soprattutto, quale tariffa sia adeguato pagare per - di fatto - godere di un diritto.
Invece, sul “necessario” è altrettanto complesso capire come possa diventare necessario pagare per un servizio che non ha costi e i cui contenuti sono prodotti dagli stessi che dovrebbero pagare per vederli, ossia gli utenti. Insomma, che Instagram non è come Spotify che deve, ad esempio, poi pagare gli autori o le licenze delle canzoni.
Difficile che venga accettato l’approccio “Pay or Okay”, ossia quello per cui molti giornali online ora permettono di scegliere tra pagare un abbonamento o, invece, essere profilati con i cookies.
Un punto importante è: se è già abbastanza complesso rendere chiaro il valore della privacy e della protezione dei dati personali, quanto ancora più complicato diventerebbe apprezzarlo se dovessimo pagare per goderne?
E, poi, ad un prezzo come quello trapelato, probabilmente pochi utenti pagherebbero, con la maggior parte che preferirebbe la profilazione. Cosa che, tra l’altro, probabilmente anche Meta si auspica, dato che il suo modello di business si fonda proprio sui dati degli utenti.
Qualora questa indiscrezione venisse confermata, sarebbe davvero difficile non percepirlo come un autogol dell’UE, dato che Meta farebbe leva su quelle 6 parole della Corte, o - quantomeno - come uno scacco (quasi) matto dell’azienda statunitense.
Ma staremo a vedere come evolve. E tu, pagheresti per la privacy sui social?
Rassegna (Stampa)
Sempre su Meta, Nick Clegg spiega come far coesistere IA e democrazia. Ad Atene, tra l’altro.
Sui social vediamo sempre meno i siti di informazione.
Wired ci spiega perché i nostri browser non sono davvero nostri.
Si starebbero scrivendo delle Costituzioni per l’IA, dice il FT.
Lo Scaffale
Dato che oggi abbiamo parlato di Meta, di profilazione e dati personali, An Ugly Truth - Inside Facebook’s Battle for Domination è il libro perfetto da consigliare. Racconta com’è nata la fu Facebook e come funzionano molte dinamiche che ci riguardano. Libro inchiesta, tono incalzante, si legge veloce.
Nerding
Non ti ricordi cosa ti ha detto Tizio nella riunione di sei mesi fa? Con Tactiq non avresti di questi problemi. Strumento super utile, che fa: transcript delle riunioni online in tutte le lingue, riassunti con l’AI, ti scrive la mail di follow-up, i principali takeaway e altre parole che non sapremmo spiegare a nostra nonna :)
Grazie per aver letto Artifacts, e buona giornata!