Ricevi questa newsletter perché sei iscritto a La moda, il sabato mattina di Federica Salto. Pitch Perfect è uno spin-off che ospita altre firme del giornalismo di moda (e dintorni) e oggi è stato scritto da Eleonora Bonetto che si racconta così: “una parte del mio cuore abita ancora a Tokyo ma tutto il resto è in Italia. Non lavoro più nella moda ma come il primo amore non si scorda mai. Amo i libri, soprattutto quelli vintage, ma sono anche un’appassionata di Giappone e cerimonia del tè. Mi piace scrivere e ho una newsletter in cui racchiudo tutto ciò che ho imparato sulla filosofia zen”.
Viaggio al centro dello stile di Tokyo
Minami-Aoyama, un giorno di aprile del 2012, ore 10:30. Esco dall’ufficio per andare a sistemare alcuni allestimenti nei corner shop di due centri commerciali, vetrina ai brand italiani e internazionali in Giappone. Percorro la mia stradina preferita in direzione metropolitana. Passo accanto alla vetrina del Madu Café dove sono solita trascorrere la pausa pranzo e comprare oggetti per la casa, mi dirigo in fondo alla via dove c’è Commes des Garςonnes, a cui do un rapido sguardo ogni volta e ogni volta penso che voglio comprare qualcosa - alla fine non lo faccio mai. La stazione è poco affollata, i giapponesi sono già di fronte alla scrivania dove trascorreranno le prossime dieci ore per tenere fede alla convenzione sociale. Il treno è semivuoto. La luce calda del sole filtra dai vetri creando giochi di riflessi sugli schermi dei cellulari dei passeggeri. Il mio sguardo si pianta su una donna appisolata. Indossa una camicetta con le maniche a pipistrello e una gonna plissé dai toni pastello, porta delle ballerine in similpelle chiara con fantasmini bordati di pizzo che fuoriescono, coprendole l’attaccatura delle dita. Ancora non riesco ad abituarmici.
In venti minuti netti arrivo nel quartiere di Shinjuku, appena uscita dalla stagione sento i mille odori della cucina dei ristoranti e dei fast food che si incastrano tra i negozi. “È l’odore di Shinjuku”, dicono tutti. Isetan, il centro commerciale, si trova sul lato lungo della via principale che attraversa il quartiere. Il mio ingresso qui è disciplinato da un iter molto severo: entro dal retro, compilo un modulo e l’uomo in divisa da ferroviere mi rilascia un tesserino con il quale mi posso recare al piano dedicato alla moda occidentale, una galassia di brand disposti tutti allo stesso livello che mi fanno sentire ancora più lontana da casa, anziché rassicurami. La responsabile in completo nero mi sorride e, dopo il solito scambio di convenevoli, mi lascia carta bianca e si occupa della cliente che si è avvicinata a lei con fare timidissimo. Non conosce il brand, ma sembra interessata ai caftani colorati. A guardarla, vestita a strati, tutta coperta, con i guanti e il cappellino per proteggersi dal sole, non riesco a immaginarla in caftano ma tant’è. Siamo solo in primavera e già nei drugstore imperversano le campagne delle creme ad alta protezione solare, insieme a trattamenti sbiancanti. Per gran parte delle giapponesi avere la pelle lunare è una vera fissa.
Mi dirigo a piedi verso Takashimaya, esattamente dalla parte opposta di dove mi trovo. Shinjuku non è tra i miei quartieri preferiti, ma è qui che si trovano i personaggi più particolari della città. Nel tardo pomeriggio sbucano sagome slanciate che indossano completi neri, a volte anche gessati ma sempre poco eleganti, abbinati a cinture di pelle tempestate di strass, borchie e catene, scarpe a punta tipo ispettore Zenigata, giacca di pelle nei mesi più freddi e, per finire, capelli da rockstar anni ‘80 con mèches e schiariture discutibili. Pare che facciano perdere la testa alle giapponesi che finiscono per indebitarsi fino a, nei casi peggiori, entrare nel giro della prostituzione pur di potersi permettere la loro compagnia. Ogni volta che passo di qui finisco per rimuginare tutto il giorno sulle mille storie che si celano dietro a queste losche figure e alle loro malcapitate.
Takashimaya mi piace di più, anche se è più piccolo di Isetan. La commessa mi chiede se quando ho finito possiamo passare insieme la pausa pranzo. È sempre gentile con me, non fa domande troppo personali ed è una vera fan del brand, tanto che si è fatta la manicure con i colori della collezione attuale. Saliamo al dodicesimo piano in un ristorante giapponese dove ordiniamo un tonkatsu, una specie di cotoletta alla milanese, più croccante. Mi congedo inchinandomi mentre lei resta a salutarmi con la mano finché non si chiudono le porte dell’ascensore. Prima di rientrare in ufficio passo per Shibuya, il mio quartiere del cuore, per un caffè dallo Starbucks che si affaccia sull’intersezione più famosa della città. In quel fiume di formiche che a passo rapido si incrociano senza mai toccarsi si condensa la varietà di stili, stravaganze e colori che, quando osservato da lontano, è ancora più stupefacente.
👋🏻 Sono Federica Salto, ho 32 anni e faccio la giornalista. La moda, il sabato mattina è nata il 2 maggio 2020 e ogni settimana propone tutto quello che serve sapere della moda (e anche qualcosa di più). Se vuoi sostenerla e ricevere più contenuti 👇🏻
Avrei continuato a leggerti.. mi hai lasciata curiosa e sospesa! Grazie
Bellissimo pezzo!!! Avrei letto ancora e ancora!