Vecchi Blackberry e privazione di raggi solari.
Succede che nel mese di dicembre, nella città dove vivo, da qualche parte nel nord Italia (cit.), il sole ci sia stato solo per due giorni e solo per qualche ora verso la pausa pranzo. Ho contato i giorni, certo, perché verso il decimo ho iniziato a prenderla sul personale e a dare segni di fastidio nel vedere solo nuvole e grigio.
A un certo punto ho fatto quello che faccio quando devo scrivere un articolo, ho fatto ricerca, e la scienza parla chiaro: Chaotic solar cycles modulate the incidence and severity of mental illness.
Non solo ci servirebbero dai 15/20 minuti di esposizione solare al giorno per assimilare la preziosa vitamina D, deputata tra le tantissime cose a far si che le nostre funzioni cognitive siano in salute, ma ci servirebbero anche per la nostra salute mentale. C’entra la serotonina, un neurotrasmettitore che ci aiuta, tra le tantissime cose, a regolare il tono del nostro umore. L’esposizione al sole inoltre aiuta anche lo stress, ad alzare le difese immunitarie…insomma, il sole ci serve e ci aiuta.
E in quei paesi (per esempio nel nord Europa) dove il sole non si vede per mesi, che si fa? I ricercatori suggeriscono assolutamente l’assunzione della vit.D per via orale, non potendola assimilare grazie all’esposizione solare.
Come me, anche Cesare ha tenuto il conto dei giorni senza sole.
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Proseguiamo. Tra i miei passatempi preferiti ci sono i video delle 73Question di Vogue su YouTube. Di recente ne ho riguardate alcune e una di queste mi ha fatto venire in mente l’altro tema di questa newsletter. Devo ringraziare Emily Blunt che verso la fine dell’intervista, alla domanda Se fossi sui social network, quale sarebbe il tuo pseudonimo, il tuo nickname? risponde così:
Nel frattempo, dato che questa intervista è del 2018, qualcuno deve averle spiegato cosa sia un handle. Emily ha scelto di non starci sui social (suo marito sì però). Ora, pensate a non sapere cosa sia il nickname per i social…mentre guardavo il video ho pensato: Che serenità Emily!
L’altro giorno ho ritrovato il blackberry che usavo quando avevo, credo, 18/20 anni. Uno schermo minuscolo! Quando ero una ragazzina c’era solo facebook, twitter gli adolescenti non lo usavano e instagram non c’era.
Non esisteva ancora la parola “selfie”.
E ovviamente l’esposizione sui social non era quella di adesso. Ho lasciato il blackberry in cucina, voglio averlo sott’occhio per ricordarmi che una volta il mio rapporto col telefono era diverso, e per certi versi più sano.
Curiosità: una ricerca dell’anno scorso dell’Università della Pennsylvania ci conferma che silenziare i telefoni non ce li fa usare di meno (Sound of silence: Does Muting Notifications Reduce Phone Use?). Secondo altre ricerche, invece, gli smartphone tendono non solo a creare dipendenza ma a rendere le persone più irascibili. È del 2015 la campagna realizzata da Ogilvy con tre annunci pubblicitari che ritraggono vari membri di una famiglia separati da uno smartphone, col claim “Più ti connetti, meno ti connetti”:
Un adulto, secondo le statistiche riportate su Slicktext, tocca o scorre il telefono 2.617 volte al giorno. Dunque, numeri impressionanti a parte, io qui oggi vorrei farci riflettere sull’uso che facciamo di questi benedetti device, e di come possiamo fare per avere un rapporto più sano con essi. Pensiamoci e, se vi va, parliamone:
QUI la newsletter sul tecnostress e benessere digitale, per chi volesse recuperare le puntate precedenti🙂
Infine, vi invito davvero ad ascoltare questo podcast su Storytel:
Per oggi è tutto, alla prossima newsletter!