Ci ho pensato per un anno, da quando mi sono iscritta.
Ho un blog, vero, ma è dispersivo. L’Ufficio Reclami era nato come divertissement, continua a esistere ma non mi diverto più come un tempo.
Invece con gli anni mi sono specializzata in un settore, che è quello della precarietà.
Sono una precaria di lungo corso, quando guardo il mio curriculum vitae mi chiedo se ho davvero fatto io tutti quei lavori. La risposta è sì.
Ho esperienze in campi diversi, e a parte quello della sceneggiatura, che in teoria doveva essere il mio lavoro, scelto con cura e approfondimenti specifici con scuole di cinema, corsi Rai, tentativi di entrare nelle produzioni televisive e tentativi a caso di sceneggiature girate da aspiranti registi (in verità con soddisfazione, almeno una), tutti gli altri sono stati campi lavorativi esplorati con un unico intento: risolvere l’annosa questione della pagnotta.
Sono stata educatrice all’asilo, cassiera in una grande libreria del centro di Milano e da Virgin (non esiste più nessuna delle due, ma mi sento di affermare che non è una mia responsabilità), intervistatrice telefonica per parecchi anni, addetta all’assistenza clienti per altrettanti anni, impiegata back office, baby sitter, e lo scorso anno ho avuto l’ebbrezza di conoscere da somministrata, poi ci torno sul termine che ricorda una medicina, il mondo della Pubblica Amministrazione.
E ho avuto un buon numero dei contratti previsti dalla legislazione del nostro Paese, eccezion fatta per l’indeterminato (anzi, no, quello l’ho avuto per due giorni, un contratto a tempo determinato come colf trasformato in indeterminato per potermi licenziare, sì, lo so, fa ridere, ma le colf a tempo determinato non possono essere licenziate, a tempo indeterminato sì). Non sono mai stata commerciante o artigiana.
Ma ho avuto persino una partita IVA, grazie al cielo di quelle senza studi di settore altrimenti starei ancora pagando gli acconti dell’unico anno di apertura all’Agenzia delle Entrate.
Ora, in questo universo quasi senza fine che è il mondo dei precari, ho maturato una certa esperienza e mi sono fatta alcune opinioni su come è stato gestito malissimo il nuovo mondo del lavoro scaturito dalla famigerata Legge 30 (nota anche come Legge Biagi, ma a me non piace chiamarla con il nome di un uomo morto perché stava lavorando a una legge per quanto fosse una legge di merda, scusate il francesismo).
Sono anni che penso seriamente di scrivere qualcosa sull’argomento, qualcosa che non si può esaurire in un post, un libro, un pamplet, un sarcavolo. La precarietà non è mai ferma, si evolve, assume forme diverse e non sempre essere precar* è qualcosa di terribile, perché non tutt* possono resistere al tempo indeterminato e allo stesso lavoro per tutta la vita. Il problema è che se la precarietà fosse una scelta non ci sarebbe nemmeno bisogno di fare riflessioni sulla sua capacità di rendere la vita un inferno.
Spesso la precarietà è qualcosa in cui ci si ritrova senza averlo mai desiderato, perché si sarebbe stat* meglio nella stabilità di un posto sempre uguale.
Io mi ci sono dovuta adattare, non mi viene ancora molto bene perché oltre a essere precaria da anni comincio a essere anche in là con l’età, e l’età avanzata non rende appetibil* per il mondo del lavoro. Sarà un tema da affrontare.
In più sono donna, e una serie di lavori mi sono stati preclusi proprio perché sono donna. Anche questo sarà un tema da affrontare.
Credo di aver detto tutto quello che è sostenibile in un post di presentazione.
Cercherò di scrivere periodicamente, ma non posso garantirlo.
Se vi interessa leggere qualcosa sul mondo dei precari, fatemelo sapere.