Buongiorno!
Non avrei mai pensato di scrivere un elogio dell’ignoranza. Eppure oggi viviamo in un mondo talmente ricco di informazione così superficiale e talvolta falsa che, paradossalmente, per essere saggi bisogna essere ignoranti. O meglio «ignoranti critici». Ovvero sapere cosa ignorare e su cosa invece concentrarci.
Che poi non è nulla di nuovo, la Corrente di oggi fonda le sue radice nel pensiero di Socrate per cui era proprio la consapevolezza di non sapere la fonte della sapienza. A una condizione però. Anzi due. La prima è quella di essere assolutamente curiosi. Come bambini, anche quando bambini non lo siamo più. La seconda è quella di accettare la fatica di soddisfare la nostra curiosità superando l'illusoria facilità con cui oggi la conoscenza ci viene venduta online.
Non basta un video tutorial o un riassunto per conoscere. Anzi più la conoscenza sarà accessibile, più dovremo fare la fatica di controllare le fonti, fare ricerca, coltivare il nostro senso critico e mettere un punto di domanda ai molti punti esclamativi che, con inutile ostentazione, amplificano la nostra epoca.
Buona lettura!
Jacopo
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Corrente #99: Critical ignoring.
Ogni giorno una persona produce circa 60.000 pensieri e pronuncia circa 4.300 parole, per un totale di 13 milioni di parole nell’arco di un vita. In un anno vengono pubblicati circa 3 milioni di nuovi libri, e in un solo giorno vengono scritti milioni di post e più di mezzo miliardo di tweet. A pensarci è una quantità immane di informazione e di idee che intasano la nostra vita e che, già un secolo fa, avevano portato lo scrittore francese Paul Valéry a formulare il celebre assunto per cui bisogna ignorare tante cose per poter agire correttamente.
Un pensiero che condivide anche il filosofo israeliano Harari quando nel suo saggio «Homo Deus» scrive: «se un tempo avere potere significava avere accesso all’informazione, oggi avere potere significa sapere cosa ignorare». Nei tempi di Internet e dei Social Media infatti potremmo dire che l’informazione sia diventata una commodity, qualcosa di sempre più accessibile e sempre meno costosa. O almeno così è l’informazione di massa, quella più superficiale che però, proprio per questo motivo, può essere dannosa.
Troppa informazione rischia di annebbiare la mente e confondere le idee. Per questo motivo è così importante scegliere cosa leggere o guardare e cosa invece ignorare. Quali fonti ignorare. Quali notizie ignorare. Quali Tweet, quali Post o quali Fake News ignorare.
Troppa informazione infatti rischia di annebbiare la mente e confondere le idee. Per questo motivo è così importante scegliere cosa leggere o guardare e cosa invece ignorare. Quali fonti ignorare. Quali notizie ignorare. Quali Tweet, quali Post o quali Fake News ignorare.
Sembra un paradosso ma per essere saggi, oggi come ai tempi di Valéry, bisogna essere ignoranti. O meglio «ignoranti critici».
Da cui il fenomeno del «Critical Ignoring», un termine coniato nel 2022 da un gruppo di filosofi e scienziati, e utilizzato per indicare proprio la capacità di scegliere cosa ignorare e dove investire le proprie limitate capacità di attenzione. Secondo gli autori infatti, «ignorare criticamente è molto più che non prestare attenzione: si tratta di praticare abitudini consapevoli e salutari di fronte alla sovrabbondanza di informazioni. La consideriamo una competenza fondamentale per tutti i cittadini del mondo digitale. Senza di essa, affogheremo in un mare di informazioni che, nel migliore dei casi, ci distraggono e, nel peggiore, sono fuorvianti e dannose.»
Di fronte al proliferare di altri fenomeni come l’«Infobesity», intesa come il punto in cui si ricevono troppe informazioni per riuscire a prendere una decisione, o l'ancor peggiore «Infodemia», ovvero quando informazioni non corrette o false si diffondono come un virus, anche molti altri autori si sono espressi a favore del «Critical Ignoring».
Come per esempio Nassim Taleb che in «Giocati dal caso» sottolinea come un eccesso di informazioni sia dannoso non solo per noi, ma anche per le nostre decisioni. Motivo per cui, lui stesso preferisce leggere The Economist una volta a settimana piuttosto che il Wall Street Journal tutte le mattine. Questo perché, secondo Taleb, se leggiamo troppe informazioni non lasciamo al nostro cervello il tempo di fare ragionamenti indipendenti e originali.
Se leggiamo troppe informazioni non lasciamo al nostro cervello il tempo di fare ragionamenti indipendenti e originali.
Oppure come Daniel Kahneman che nel saggio «Pensieri lenti e veloci» scrive come «seguire da vicino le fluttuazioni quotidiane [sia] un’idea perdente, perché il dolore delle piccole perdite frequenti supera il piacere degli altrettanto frequenti piccoli guadagni. Oltre a migliorare la qualità affettiva della vita, evitare deliberatamente di esporsi ai risultati a breve termine migliora la qualità sia delle decisioni sia dei risultati. La tipica reazione a breve termine alle brutte notizie è un aumento dell’avversione alla perdita».
La buona notizia è che se tu hai scelto di leggere una newsletter, in particolare la mia, al posto di una tonnellata di tweet vuol dire he stai seguendo la strada indicata da Paul Valéry.
Cose interessanti che ho trovato o scritto online e offline.
/ Su Intelligenza Artificiale Generativa:
CREF è arrivato! Midjourney ha appena rilasciato una delle feature più richieste: il parametro per creare personaggi tra loro coerenti. [Link]
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Lo so... manca una "c". È abbracciami, non "abbraciami". Però non facciamo i sofisticati, anche le macchine possono sbagliare (del resto stanno imparando). [Link]
Le finte fotografie di Trump circondato da black supporters. [Link]
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Su consiglio di un amico, questa settimana ho visto «American Fiction», un film che ti consiglio, anche se, dal mio punto di vista, non aveva alcuna possibilità di vincere l'Oscar come miglior film, mentre concordo sul premio alla migliore sceneggiatura non originale. Il libro, ancora prima del film, mette bene in luce la difficoltà di essere se stessi ai tempi della Cancel Culture. [Link]
Dormire come un giovane della Generazione Z. [Link]
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Una app per urlare le proprie frustrazioni in forma anonima. [Link]
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Una piattaforma per esplorare 170.000 foto scattate dal governo federale degli Stati Uniti tra il 1935 e il 1943. [Link]
Muro Filosofico
«Che ballo il twist»
- sui muri di Milano
Nietzsche, con la sua enfasi sulla vitalità e il superamento delle convenzioni, potrebbe vedere in 'Che ballo il twist' un'espressione di Dioniso, il dio dell'ebbrezza e dell'estasi. Questa frase può simboleggiare il rifiuto delle norme restrittive e un'immersione nella gioia e nel piacere spontaneo della vita. Ricorda l'idea di Nietzsche di abbracciare la vita nella sua pienezza, celebrando l'esistenza attraverso l'arte, la danza e l'espressione corporea.
Henri Bergson invece, con la sua teoria del «Elan Vital» (Slancio vitale), potrebbe interpretare 'Che ballo il twist' come un’espressione di vitalità e creatività. Per Bergson, la vita è un flusso continuo, un movimento creativo che sfugge alle rigidità del pensiero razionale. Il twist, in quanto danza, rappresenta questo fluire dinamico e spontaneo dell'esistenza, un simbolo della libertà creativa dell'individuo che si esprime attraverso il movimento.