INTRO
“Sette anni fa abbiamo stipulato un trattato con l'uomo bianco. Ci ha promesso che la terra dei bufali sarebbe stata nostra per sempre. Adesso minacciano di prenderci anche quella. Dovremmo cedere, fratelli? O invece dire loro: "Dovrai uccidermi prima di impossessarti del mio paese".
Non so quale sia stata la reazione dei Sioux Hunkpapa al dilemma posto dal loro capo tribù Toro Seduto, ma so qual è stata la risposta dell’uomo bianco: sterminarli praticamente tutti.
Risposta, tra l’altro, condivisa in tutto il mondo (quando si dice la coerenza!): dal genocidio degli inuit in Canada e Groenlandia, a quello dei nativi dell’America Latina, passando per gli aborigeni australiani, senza dimenticare la mattanza tra ‘800 e ‘900 in Africa, in pochi si sono salvati dall’arrivo dell’uomo bianco.
Più che di “cancel culture”, ci si dovrebbe preoccupare delle culture che abbiamo deliberatamente cancellato, annientando esseri umani, tradizioni, storie, intere popolazioni.
Di seguito, qualche storia per sottrarci all’autoreferenzialità della nostra cultura dominante e per ricordarci che, un tempo almeno, su questo pianeta non vivevamo solo noi.
Buona lettura e buon ascolto della playlist dedicata.
NAVAJO NATION
Tra i tanti popoli che hanno sofferto - e continuano a soffrire - a causa dell’invenzione della bomba atomica ce n’è uno in particolare di cui nessuno sembra interessarsi: i Navajo.
Come scrive Buu V. Nygren, il decimo e più giovane presidente della Nazione Navajo, sul Time “Dagli anni '40 agli anni '90, gli Stati Uniti hanno utilizzato i territori della Nazione Navajo per fornire uranio per la produzione di armi nucleari ed energia.
Sebbene la proprietà delle miniere sia stata trasferita dal governo federale a società private nel 1971, gli Stati Uniti non sono riusciti a far rispettare norme di sicurezza adeguate, lasciando i siti non regolamentati fino al 1990, quando l'ultima miniera è stata chiusa. Il risultato è che ad oggi più di 500 miniere abbandonate coprono la terra dei Navajo”.
Le conseguenze dell'estrazione dell'uranio nei territori dei Navajo sono un’ulteriore macchia indelebile della storia degli Stati Uniti nei confronti dei popoli nativi.
“Il popolo Navajo non può permettersi di essere, ancora una volta, cancellato dalla storia” scrive Buu V. Nygren, e “Hollywood ha ancora molto lavoro da fare in questo senso e potrebbe iniziare sostenendo il popolo Navajo e sollecitando il Congresso a fornire una giusta compensazione alle vittime dell'esposizione alle radiazioni”.
A preoccuparsi e a lottare per la salvaguardia della Nazione Navajo non è solo il presidente Buu V. Nygren.
Rita Capitan e suo marito hanno fondato la Eastern Navajo Diné Against Uranium Mining (Endaum), un collettivo di nativi della Nazione Navajo che si batte contro l'estrazione dell'uranio sulla loro terra natale.
Come riporta il The Guardian, le maggiori preoccupazioni oggi riguardano le operazioni dell'azienda mineraria canadese Laramide Resources, che, attraverso la sua controllata statunitense NuFuels, detiene una licenza federale per l'estrazione mineraria a Crownpoint e nelle vicinanze di Church Rock.
"Noi, come membri della comunità, non possiamo restare fermi a guardare un'altra azienda che arriva e siprende ciò che abbiamo di più prezioso, l'acqua - la nostra acqua", afferma Rita Capitan.
BIG FISH
I Navajo non sono purtroppo l’unica popolazione ad essere stata “cancellata” dalla storia del nucleare.
Secondo una stima del collettivo d’inchiesta francese Disclose, 110.000 nativi sono stati esposti a livelli allarmanti di radioattività nella Polinesia francese: una catastrofe nucleare di cui non parla quasi nessuno.
“L'anno 1974 segnò una svolta nei test di armi nucleari della Francia” si legge nell’inchiesta, “Dopo otto anni di test nucleari atmosferici, l'esercito decise di iniziare una serie di test sotterranei, considerati più puliti e, soprattutto, meno visibili. Ma prima di ciò, il "Centro di sperimentazione del Pacifico" della Francia, il CEP, aveva stabilito un programma per l'ultima serie di test atmosferici che veniva descritto in un documento interno come "estremamente stringente".
Il documento, un rapporto di 110 pagine, datato 26 novembre 1974, riguardante l'ultima serie di esplosioni atmosferiche che si erano recentemente concluse constatava come "il difficile equilibrio tra le esigenze di sicurezza e le necessità di calendario" era stato portato "al limite del punto di rottura".
Gli effetti devastanti dei test nucleari non hanno colpito solo gli sfortunati abitanti delle isole del Pacifico, ma anche la flora e la fauna terrestre e subacquea, come sottolinea RSI.
I danni degli esperimenti sono ora noti anche nei pesci dell’atollo e delle isole limitrofe. Il risultato è stata l’osservazione di pesci marini stanziali affetti da gigantismo, e la causa sarebbero proprio gli esperimenti nucleari francesi.
A causa di una modificazione genetica, i ricercatori hanno osservato in particolare pesci angelo imperatore lunghi fino a 2 metri (in natura raggiungono i 30 centimetri), pesci pagliaccio fino a 50 centimetri (10 cm in natura), e pesci damigella anche oltre i 45 centimetri (13 cm in natura).
SPIRALE MORTALE
Il viaggio tra le popolazioni cancellate dal progressista e inclusivo occidente ci porta dagli atolli del Pacifico agli inuit che vivono tra i ghiacci della Groenlandia, dove - come abbiamo già visto nel numero di MARLA #1.23 - viene riscontrato il più alto tasso di suicidi al mondo: 83 persone ogni 100mila abitanti.
Le popolazioni dell’isola, oltre ad essere state devastate dall’arrivo dell’industria estrattiva, dai cambiamenti climatici e ultimamente dal turismo di lusso, hanno dovuto affrontare il volto peggiore della colonizzazione europea, tenuto ben nascosto fino a poco tempo fa.
Solo l’anno scorso infatti la Danimarca, che possiede la Groenlandia, ha avviato un'indagine per fare luce su una nuvola oscura del recente passato, quando negli anni '60 e '70 Copenaghen - questa l'accusa - impose un programma di controllo delle nascite surrettizio, impiantando a migliaia di donne, ragazzine, e persino bambine Inuit, la spirale come contraccettivo preventivo.
Naja Lyberth, come riporta l’ANSA, ricorda che a 13 anni durante una visita medica di routine a scuola il medico le intimò di presentarsi in ospedale dove le venne applicata la spirale.
"Non avevo idea di cosa fosse, perché il medico non mi spiegò niente o chiese il mio permesso", racconta.
"Avevo paura, ma non potevo dirlo ai miei genitori. Non avevo mai neanche dato un bacio a un ragazzo", dice Naja che oggi, a 60 anni, ha creato un gruppo su Facebook per condividere ricordi, esperienze e opinioni su quel trauma, raccogliendo l'adesione di circa 70 donne.
Negli ultimi anni un'inchiesta giornalistica intitolata "Spiralkampagnen" (la campagna della spirale) ha stimato che le donne Inuit della Groenlandia anche di 12 anni o meno, sottoposte loro malgrado a questo tipo di contraccezione preventiva fossero almeno 4.500 solo fra il 1966 e il 1970, e che la pratica sia poi continuata fino alla metà degli anni '70, non solo in Groenlandia, ma anche in Danimarca fra gli studenti della comunità.
PADRE NOSTRO
Sempre tra i ghiacci del Grande Nord si è consumato un altro terribile genocidio, come spiega Marco Cinque su Ytali, quello perpetrato dal “civilissimo” Canada attraverso soprusi, violenze, nefandezze e uccisioni di indigeni, compresi i bambini.
Tra le politiche più violente messe in atto dal governo canadese, ci furono quelle di assimilazione forzata imposte ai bambini indigeni, strappati alle loro famiglie e internati in un sistema di scuole religiose, le boarding schools, istituite sin dagli inizi del Novecento.
In queste strutture vennero internati circa centocinquanta mila bambini, dei quali più del quaranta per cento perse la vita.
Un vero e proprio genocidio, stimato in più di cinquanta mila bambini deceduti in quelle scuole.Un’atrocità tale che addirittura il Papa nel 2022 si è sentito di dover chiedere scusa per “il ruolo avuto dai cristiani nell’assimilazione culturale forzata delle comunità indigene”, come riporta Domani.
RACIAL RECOGNITION
Le discriminazioni operate dal “uomo bianco” vengono purtroppo riprodotte dalle nuove tecnologie, anche perché sviluppate da quello stesso “uomo bianco”.
Come riporta Amnesty International, uno studio condotto dal governo federale negli Stati Uniti ha mostrato che i volti degli afroamericani e degli asiatici hanno fino a 100 volte più probabilità di essere identificati erroneamente rispetto ai volti dei bianchi, e il tasso più elevato di falsi positivi si riscontra proprio tra i nativi americani.
L'uso della tecnologia di riconoscimento facciale da parte della polizia può perpetuare ed esacerbare i preesistenti pregiudizi razziali e le discriminazioni. I manifestanti di colore sono sottoposti a particolari regimi di sorveglianza e controllo, che risultano in un numero maggiore di molestie e arresti da parte delle forze dell’ordine.
Il "carding" (o "controlli in strada") presenta costanti problemi di discriminazione razziale in Canada, dove le persone indigene e di colore vengono fermate e interrogate arbitrariamente più frequentemente dalla polizia rispetto alle persone bianche.
FACTS ARE FACTS. FICTION IS FICTION
Quando i colonizzatori europei arrivarono nelle Americhe, gli storici stimano che ci fossero oltre 10 milioni di nativi americani che vi vivevano. Nel 1900 la loro popolazione stimata era inferiore a 300.000.
Il tasso di disoccupazione nella Navajo nation è il 19,1% contro la media di 6,55% degli USA.
Sono 193 i test atomoci effettuati in Polinesia fra il 1966 e il 1996.
A Hiroshima e Nagasaki si contarono più di 210.000 morti e 150.000 feriti
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