INTRO
A febbraio c’è stato l’ennesimo suicidio di un detenuto in un CPR.
Si tratta prevalentemente di persone che hanno attraversato il deserto, affrontato il mediterraneo o la tratta balcanica e che, una volta arrivati in Italia, non trovano altra soluzione alla fine delle proprie sofferenze se non il suicidio.
“Noi non sapevamo” è la frase attribuita a molti tedeschi che durante la seconda guerra mondiale chiusero gli occhi di fronte a ciò che succedeva nei campi di concentramento.
Noi non possiamo nemmeno trincerarci dietro questa (presunta) ignoranza: inchieste giornalistiche e indagini delle procure ci hanno sbattuto di fronte agli occhi più volte ciò che accade in questi luoghi impenetrabili, presenti in alcune nostre città.
Non possiamo non sapere delle condizioni disumane, delle torture, dei trattamenti coatti con psicofarmaci a cui sono sottoposti i prigionieri nei CPR, eppure, passate poche ore dall’ultima tragica notizia, ce ne dimentichiamo.
Non si tratta più di restare umani, ma di diventarlo.
artwork by npprgl
Ousmane Sylla, 22 anni, proveniente dalla Guinea, si è suicidato nel CPR di Roma la notte del 4 febbraio 2024.
E’ solo l’ultimo di una lunga serie di gesti estremi compiuti dai detenuti in questi lagher chiamati Centri di Permanenza per il Rimpatrio, o CPR.
I CPR sono delle carceri speciali in cui vengono detenuti gli stranieri giunti in modo irregolare in Italia che non fanno richiesta di protezione internazionale o non ne hanno i requisiti.
Come si legge sul sito del Ministero degli Interni, sono stati istituiti per consentire l'esecuzione del provvedimento di espulsione da parte delle Forze dell'ordine.
Il tempo di permanenza è funzionale alle procedure di identificazione e a quelle successive di espulsione e rimpatrio.
I CPR elencati sul sito del Ministero si trovano a Bari, Brindisi, Caltanissetta, Gradisca d’Isonzo (GO), Macomer (NU), Palazzo San Gervasio (PZ), Roma, Torino, Trapani.
In aggiunta a questi c’è il CPR di via Corelli a Milano, più che una prigione una vera e propria infamia umana.
Commissariato a fine anno tra le altre cose per “mancanza di medicinali, un presidio sanitario gravemente deficitario … camerate sporche, bagni in condizioni vergognose e cibo maleodorante, avariato (...) scaduto”.
A marzo 2023 era già stato chiuso il Cpr di Torino, a seguito delle proteste messe in atto dai detenuti per le condizioni disumane in cui versava la struttura.
Un paradosso, se si considera che i costi della struttura avevano superato i 2 milioni di euro, di cui quasi 900 mila euro per manutenzioni, cioè più di 19mila euro di costo medio per ogni persona trattenuta.
Oltre a rappresentare un insulto nei confronti di chiunque abbia a cuore la tutela dei diritti umani, i CPR sono anche un business dorato per le cooperative che ne hanno ottenuto la gestione in appalto.
Stampa su carta adesiva e attacca su un palo o un muro della tua città. Oppure stampa su carta normale e lascialo sul parabrezza delle auto parcheggiate.
Entrare in un CPR è molto difficile e, viste le condizioni disumane di detenzione, la cosa non stupisce neanche tanto: certe situazioni è meglio tenerle ben lontane dagli occhi di giornalisti e associazioni.
Ultimamente però, grazie alle battaglie di alcune organizzazioni per la tuterla dei diritti e alle conseguenti decisioni di alcuni TAR (i Tribunali Amministrativi Regionali), le cose stanno un po’ migliorando.
La Prima Sezione del TAR Lombardia ad esempio, come spiega CILD, ha chiarito che, “a prescindere dalle norme del loro Statuto, le associazioni che promuovono la tutela dei diritti fondamentali possono avere accesso ai Centri di detenzione per stranieri”.
La causa era stata proposta dal NAGA dopo un rifiuto di accesso proprio al CPR milanese di via Corelli.
Purtroppo però, anche quando l’accesso viene garantito, non significa che chi entra in un CPR possa farsi un’idea chiara di ciò che sta accadendo all’interno di quelle mura protette da filo spinato.
E’ sempre NAGA a spiegarlo, a seguito di una visita al CPR di via Corelli a Milano al seguito del consigliere regionale Luca Paladini, avvenuta a seguito dei pestaggi del 10 febbario.
“In cinque ore di visita si sono registrati numerosi episodi di ostruzionismo da parte del personale addetto, della nuova direttrice e delle forze di polizia presenti, adducendo motivazioni di sicurezza o, più spesso, indicazioni ricevute dalla Prefettura di Milano.
Abbiamo dovuto prendere atto innanzitutto dell’impossibilità di incontrare le due persone oggetto del violento intervento delle forze di polizia in quanto erano state finalmente inviate al Pronto Soccorso, con oltre sette ore di ritardo – quindi con concreto rischio per la loro salute – e solo dopo che il video aveva cominciato a circolare sui social media.
Ma soprattutto, con gravissima violazione delle norme di riferimento alla delegazione è stato negato l’accesso ai moduli abitativi nei quali sono alloggiati i trattenuti, dei quali sarebbe stato fondamentale raccogliere le testimonianze”.
artwork by npprgl
Se per noi quello dei CPR è uno dei punti più vergognosi toccati dal nostro Paese, per altri è invece un business su cui mettere le mani per lucrare.
Come raccontato da Adil Mauro su L’Espresso, i centri “sono gestiti da privati che puntano a un tesoretto di 56 milioni di euro, lasciando i reclusi spesso in condizioni vergognose”.
A fare luce sugli affari che ruotano attorno ai CPR, mettendo i numeri e i nomi in fila, è la serie “Cpr Spa” pubblicata da Irpi Media in collaborazione con CILD.
Il team che ha lavorato all’inchiesta, oltre a fare i conti in tasca alle aziende e alle cooperative che hanno ottenuto la gestione dei CPR italiani, delinea anche un quadro globale del “business dei respingimenti” che fa ancora più orrore.
Esemplare è il caso della multinazionale britannica Serco, che gestisce tutti i sette centri di detenzione per persone migranti attivi in Australia, ed è stata criticata più volte per la violenza dei suoi agenti di sicurezza.
L’obiettivo di Serco è esportare questo modello anche nel resto d’Europa. Per questo, a settembre 2022 ha acquisito la multinazionale svizzera Ors, entrando nel mercato della detenzione amministrativa anche in Italia”.
Stampa su carta adesiva e attacca su un palo o un muro della tua città. Oppure stampa su carta normale e lascialo sul parabrezza delle auto parcheggiate.
Dato che i migranti sono visti non come persone, ma come un problema da risolvere, ecco che alcuni governi hanno trovato delle soluzioni alternative ai centri di detenzione sul proprio territorio.
Cioè dei centri di detenzione su un altro territorio.
Va letto in questo senso l’accordo firmato il 6 novembre 2023 tra Roma e Tirana che, spiega Internazionale, prevede la costruzione di due centri per il rimpatrio dei migranti, gestiti e controllati dall’Italia in territorio albanese.
Il governo britannico si è spinto addirittura oltre, prevedendo di spedire in Ruanda una parte dei migranti in attesa di risposta alle richieste d’asilo.
Come scriveva Rajeev Syal sul The Guardian il 31 gennaio, più di 30.000 richiedenti asilo sono in libertà su cauzione e sotto la minaccia di espulsione dal Regno Unito verso il Ruanda.
Alcune associazioni inglesi hanno spiegato che molti dei richiedenti asilo in libertà su cauzione preferiscno sparire e tagliare qualsiasi contatto con le autorità perché non hanno alcuna speranza di vedersi concesso l'asilo.
La situazione non è migliore per chi cerca salvezza negli Stati Uniti.
Come riportava a inizio febbraio il New York Times, i voli per deportare in Messico i migranti sono ripresi vigorosamente, dopo due anni di rallentamento.
Si è parlato tanto dell’infame “muro di Trump”, ma a gennaio anche il presidente Biden ha imploranto il Congresso di concedergli il potere di chiudere il confine, e respingere le migliaia di persone in fuga dalla povertà, dall'instabilità politica e dalla violenza in America Centrale e America del Sud.
Il modello di risposta violenta all’immigrazione è da anni l’Australia, che non lesina leggi liberticide pur di salvaguardare i propri confini.
Come riportato da AP News, i migranti con precedenti penali rischiano fino a cinque anni di prigione per violazione delle condizioni del visto in base a una legislazione d'emergenza approvata dal Parlamento australiano lo scorso novembre.
La nuova legislazione ha ribaltato la precedente sentenza della Corte Suprema che stabiliva che gli stranieri non possono essere detenuti indefinitamente come alternativa alla deportazione.
BONUS TRACK
FACTS ARE FACTS. FICTION IS FICTION
Nel 2022, a 141.060 persone è stato rifiutato l'ingresso nell'UE.
Nel 2022, i paesi dell’UE hanno emesso 422.400 decisioni di rimpatrio.
Le principali nazionalità a cui è stato ordinato di partire nel 2022 sono state algerina, marocchina e pakistana.
Nel corso del 2022 su oltre 500.000 migranti in condizione di soggiorno irregolare in Italia, solo 36.770 hanno ricevuto un’ordinanza di espulsione. Ancora più sorprendente è il fatto che solamente l’11,7% di queste persone (4.304 individui) è stato effettivamente rimpatriato.
Sono morte 5 persone dentro un Cpr nel 2022. Il numero sale a 14 se si considerano gli ultimi cinque anni.
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