INTRO
Nel numero precedente abbiamo parlato degli ambiziosissimi piani di fuga dei multimilardari americani, per salvarsi in caso di catastrofi climatiche e sociali.
C’è chi si compra delle isole vergini per costruirsi paradisi personali lontano da tutto e tutti e chi, come Musk, punta a colonizzare Marte per allontanarsi ancora di più dai problemi di questo pianeta (in parte da lui stesso causati).
Se queste strategie appaiono folli e ciniche - si salvi chi può, cioè solo chi se lo può permettere - ancora più folli e distopici sono i piani per “costruire un nuovo mondo” a suon di petroldollari.
Avrete visto le immagini delle nuove imponenti dighe che l’Arabia Saudita intende costruire per poter innevare le proprie montagne e dotarsi quindi di meravigliose piste da sci.
Bene, l’idea di “innevare” il deserto saudita per poterci andare a sciare è solo uno dei tasselli del mega progetto NEOM, che ha come missione la costruzione della “terra del futuro, dove le menti più grandi e i talenti migliori sono in grado di incarnare idee rivoluzionarie e superare i confini in un mondo ispirato all'immaginazione”.
Il nostro immaginario occidentale ci porta a prendere in considerazione e a criticare, giustamente, soprattutto le folli visioni dei miliardari della Silicon Valley e dei loro adepti anarco-capitalisti (sic).
Forse conviene guardare con maggior attenzione a cosa potrà portare in futuro il “Nuovo Rinascimento” saudita, che non mira a salvare il mondo, ma a rimodellarlo completamente.
E non temete, anche questo nuovo mondo è pensato ad uso esclusivo dei super ricchi, per tutti gli altri non c’è posto nemmeno nei rendering.
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* Riguardo al sondaggio del mese scorso, avete votato in 47 (meno del 10% degli abbonati, shame on you!).
La metà dei votanti dice che acquisterebbe una nuova edizione cartacea di MARLA se il tema è interessante, 17 matti/e la acquisterebbero a prescindere, 5 di voi invece proprio no.
Ora ci tocca ragionare seriamente sull’operazione #MARLAdiCARTA.
Il 16 gennaio Oxfam Italia ha pubblicato il rapporto “La disuguaglianza non conosce crisi” in occasione dell’apertura dei lavori del World Economic Forum di Davos.
Il report purtroppo non presenta grandi sorprese e il solito mantra si ripete: i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri diventano sempre più poveri.
In particolare, rileva Mikhail Maslennikov, Policy Advisor di Oxfam Italia, nel biennio pandemico ‘20-‘21 l’1% più ricco ha visto crescere il valore dei propri patrimoni di 26.000 miliardi di dollari, in termini reali, accaparrandosi il 63% dell’incremento complessivo della ricchezza netta globale (42.000 miliardi di dollari), quasi il doppio della quota (37%) andata al 99% più povero della popolazione mondiale.
Per Gabriela Bucher, direttrice esecutiva di Oxfam International, “mentre la gente comune fa fatica ad arrivare a fine mese, i super-ricchi hanno superato ogni record nei primi due anni della pandemia, inaugurando quelli che potremmo definire i ruggenti anni ’20 del nuovo millennio”.
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Tra gli effetti negativi causati dalla disuguaglianza economica e dall’ingiustizia sociale ce n’è uno particolarmente irritante che riguarda parchi e giardini pubbilici.
Come riportato dalla BBC nel 2020 e, più recentemente, dalla ricerca “Green space justice amid COVID-19: Unequal access to public green space across American neighborhoods”, l’accessibilità al verde pubblico per i poveri e per le comunità deboli è limitata rispetto a quella delle classi più agiate.
Secondo la ricerca pubblicata a febbraio del 2023, “in quanto beni pubblici, i parchi dovrebbero essere distribuiti equamente tra i quartieri. Tuttavia, gli studi esistenti in materia di giustizia ambientale suggeriscono che lo spazio verde non è accessibile in modo uniforme a causa delle disparità socio-economiche tra i quartieri.
I quartieri a basso reddito spesso non hanno accesso a parchi pubblici di qualità ed inoltre, rilevano i ricercatori, “le minoranze etniche sono più propense a subire discriminazioni da parte dei visitatori, della polizia e del personale nei parchi pubblici”.
Crowds socially distance at Mission Dolores Park in San Francisco in May 2020. Photographer: Scott Strazzante/The San Francisco Chronicle via Getty Images. [link]
A quanto pare però, la lotta per una maggior giustizia sociale e climatica non è nelle priorità del nostro attuale Parlamento. Anzi.
A metà gennaio, con 138 voti a favore, 92 contrari e 10 astenuti, la Camera ha approvato il testo di legge che punisce con carcere e sanzioni fino a 60.000 euro gli eco-attivisti, o, come molti politici preferiscono chiamarli, “eco-vandali”.
L’inasprimento delle pene è stato accolto con gioia dal Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, preoccupatissimo per i monumenti pubblici sempre più spesso imbrattati di vernice.
Come segnala La Svolta, per i guppi di eco-attivisti come Ultima Generazione o Extintion Rebellion sarà sempre più difficile poter coprire le spese legali a seguito delle proprie azioni di protesta.
Che poi è proprio l’obiettivo di Parlamento e Governo: silenziare chi vuole protestare contro le politiche che stanno portando il nostro pianeta alla morte, lasciando che di cambiamenti climatici se ne occupino solo gli illuminati rappresentanti che si sono incontrati a Dubai durante la COP28.
A proposito di COP28 e di accordi globali per uscire dal fossile, come riportato dalla CNN, gli Stati Uniti stanno per superare ogni record mai registrato prima nell’estrazione di petrolio.
Mentre il mondo si confronta con la crisi esistenziale del cambiamento climatico, gli ambientalisti chiedono al presidente Joe Biden di eliminare gradualmente l'industria petrolifera e i repubblicani sostengono che già si sta percorrendo questa strada, ecoo la sorprendente realtà: gli Stati Uniti stanno pompando petrolio a un ritmo incredibile e sono sulla buona strada per produrre più petrolio di qualsiasi altro paese nella storia.
Secondo un rapporto pubblicato da S&P Global Commodity Insights, gli Stati Uniti produrranno un record mondiale di 13,3 milioni di barili al giorno di greggio e condensato nel quarto trimestre di quest'anno.
Bene, ma non benissmo, verrebbe da dire.
Flaring nell’impianto di Sabine Pass, foto © Carlo Dojmi di Delupis/ReCommon, 8 dicembre 2022. [link]
E forse con questa notizia si spiega meglio il perché molri ultramiliardari americani stiano cercando vie di fuga da questo mondo, che si tratti di isole vergini dove costruire le proprie enormi ville dotate di bunker, o di colonie su Marte.
La buona notizia, se così possiamo dire, è che il piano di Elon Musk di portarci su Marte - a patto di essere miliardari, si intende - è ora un po’ più plausibile.
Gli scienziati che operano con l'orbiter Mars Express dell'Agenzia Spaziale Europea affermano infatti di aver individuato vaste riserve di acqua ghiacciata sotto la superficie di Marte.
Si stima che le riserve siano spesse circa 3,7 chilometri, il che significa - spiega EuroNews - che potrebbero riempire il Mar Rosso terrestre se sciolte o coprire l'intera superficie di Marte con uno strato d'acqua profondo due metri.
Insomma, se le cose vanno per il verso giusto, mentre noi comuni mortali berremo l’acqua del cesso, i multimiliardari potranno sguazzare felicemente nelle dolci acque di Marte.
La Terra di Sotto, di Luca Quagliato e Luca Rinaldi, Penisola edizioni [link]
Se per il famoso 1% ultra ricco della popolazione mondiale tutto sembra andare per il verso giusto, il futuro del 99% della popolazione sembra segnato: poveri, senz’acqua e costantemente sorvegliati.
In Europa il dibattito sull’AI Act infiamma ancora gli animi di chi vorrebbe che libertà e privacy non siano svendute in cambio di una presunta maggior sicurezza urbana.
Le ultime informazioni sul regolamento europeo per l’intelligenza artificiale infatti destano parecchia preoccupazione, come riporta Luza Zorloni su Wired Italia, in particolare per quanto concerne il riconoscimento facciale.
Sebbene venga generalmente vietato, il testo attuale dell’AI Act riconosce però delle “situazioni ampiamente elencante e ben definite”, nelle quali il ricorso al riconoscimento facciale “è necessario per raggiungere un sostanziale pubblico interesse, la cui importanza supera i rischi”.
Fuori dall’Unione Europea le cose non vanno molto meglio. Come racconta Laura Carrer su Domani “un’inchiesta del giornale Republik mostra che i servizi svizzeri dal 2013 controllano le comunicazioni via internet dei cittadini. Le operazioni non si limitano a contrastare il terrorismo, ma coinvolgono potenzialmente tutti. Anche gli attivisti per il clima”.
E spostandoci ancora più a ovest, oltre Atlantico, le cose vanno malissimo.
Soprattutto lungo il confine sud tra USA e Messico, un vero e proprio terreno di sperimentazione delle peggiori tecnologie di sorveglianza al mondo. A raccontarlo, con degli scatti anche poetici nella loro drammaticità, è il progetto a cura del fotografo Colter Thomas e del geografo Dugan Meyer.
Come raccontano a The Border Chronicle, il governo statunitense ha aumentato le risorse destinate al controllo della frontiera, portando nuovi contratti con aziende della sorveglianza come Anduril.
Nuove torri vengono costantemente installate senza alcun segno di interruzione: la frontiera è diventata la prossima zona di guerra per il complesso militare-industriale.
Remote Video Surveillance System (RVSS) relocatable tower; 26.1528155, -98.3529541 (south of Mission, TX); January 2024. Photograph by Colter Thomas. [link]
FACTS ARE FACTS. FICTION IS FICTION
Il bilancio del governo federale americano per il controllo della frontiera con il Messico per l'anno fiscale 2024 è di quasi 25 miliardi di dollari.
[Focsiv]
Nel 2022 651 aziende e associazioni hanno speso collettivamente più di 113 milioni di euro all'anno per il lobbismo digitale dell'Unione europea.
[EuroNews]
Nel 2023 Bernard Arnault, patron della multinazionale del lusso Lvmh, è diventato l’uomo più ricco del mondo, con un patrimonio stimato di 211 miliardi di dollari.
[Forbes]
Sono 682 milioni le persone che vivono in una condizione di povertà estrema, con meno di 2,15 dollari al giorno.
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