Il filo visibile
Questa settimana si esce con un paio di giorni di anticipo, perché alcune cose vanno dette quando sono ancora al centro del discorso collettivo.
Le cose che scrivo sono unite da un filo, però a volte quel filo diventa più visibile. Poco tempo fa scrivevo su Valigia Blu di come la violenza contro le donne sia utilizzata come mezzo di controllo sociale: non serve agirla, basta minacciarla. Basta far pensare alle donne che la loro sicurezza dipenda dal restare entro i limiti tracciati da altri per i loro comportamenti, limiti strettissimi e che si spostano di continuo, per cui è impossibile - anche per le più ligie - dirsi di essere del tutto al sicuro. Ogni volta che dico questa cosa mi ricordo com’è morta Chiara Poggi, ragazza casa e chiesa, un solo fidanzato, una vita prevedibile. È finita con il cranio fracassato, riversa sulle scale della cantina di casa sua, uccisa proprio da quel fidanzato “normale”. Oppure Melania Rea, il cui assassino va in giro dicendo di essere innocente nonostante sia inchiodato all’evidenza delle sue colpe da tre gradi di giudizio. Donne normali. Donne che non uscivano mai dai confini della domesticità. E in quei confini sono morte.
Detto fatto, alle cronache si affaccia il caso di Leonardo Apache La Russa, accusato di stupro ai danni di una ventiduenne (forse: stupro di gruppo? L’amico che lui tira in ballo, chi era? C’era davvero? O era una vanteria?) E subito arrivano i commenti degli uomini su Twitter: se prendi droghe sai cosa aspettarti. Se vai a letto con uno poi devi tenere conto che lui potrebbe non volersi fermare. Tutta roba che ci fa inorridire, ovviamente, ma ci ricorda anche che la violenza esiste prima di tutto come minaccia, e che gli uomini sono i primi a sfruttarla, quella minaccia, per ricordarci chi comanda.
Non serve rivendicare la violenza. Basta dire che “gli altri” possono agirla, e che spetta a noi evitare di attirarla, limitandoci. Quanto? A cosa dobbiamo rinunciare, per essere sicure? Non si sa, e non è nemmeno importante: anche se noi ci limitiamo, la minaccia esiste comunque e anche l’assetto autogiustificante e deresponsabilizzante già pronto e a disposizione del maschio della specie. Un uomo può spaccarsi di cocktail e bamba e avere la ragionevole certezza che nessuna donna abuserà di lui (sugli altri uomini non può giurare, ovviamente, ma nessuno osa dirlo). Una donna no. Una donna che si diverte, si intossica e fa festa deve mettere in conto che questo verrà usato contro di lei, in caso “le succedesse qualcosa”.
Lo stupro non è una cosa che “succede”. È una cosa che qualcuno fa.
Il gin tonic non ha mai stuprato nessuno. Neanche la bamba, a dirla tutta. O l’erba. O il GHB. Non sono le droghe a stuprarti, è (nella stragrande maggioranza dei casi) un uomo, che decide di farlo perché vuole esercitare quel potere di sopraffazione, vuole trattarti come un oggetto, una cosa da prendere. Lo stupro non è sesso, non è desiderio: è disprezzo, è disumanizzazione. È un’invasione di un corpo trattato come territorio, come punto di scarico di una maschilità povera, basata sull’aggressività e sulla dimostrazione di dominanza.
Ogni uomo che dice che “non dovresti” fare questo o quell’altro se no “è inevitabile”, è un uomo che potrebbe avere già stuprato, potrebbe stuprare o essere complice di uno stupro. Per fare un parallelo che forse si capisce: se un uomo dicesse “se esci di casa è ovvio che ti uccidono” e poi proseguisse dettagliando le circostanze in cui per lui o chiunque altro sarebbe possibile uccidere una donna (per esempio: in un parco, o alla stazione), penseremmo che quello è un potenziale assassino, se non proprio un assassino confesso. Ci farebbe paura. Perché invece accettiamo che gli uomini teorizzino lo stupro con quel livello di dettaglio, senza pensare che stiano razionalizzando le loro stesse azioni, o stiano cercando delle giustificazioni per fantasie che attendono solo un’occasione per realizzarsi?
Altre due cose che ho scritto
Mi sono occupata, sempre per Valigia Blu, della faccenda della festa in piscina hijab-friendly e di come la questione ci riveli il nostro pregiudizio nei confronti delle donne di fede musulmana (e per farlo ho parlato con due donne che il velo lo portano e sono tutto meno che casalinghe oppresse e marginalizzate). E ho tirato i pomodori a Linda Yaccarino, CEO di Twitter: non perché lei è lei, ma perché Una Donna al comando, tanto per cambiare, non cambia niente se poi è un uomo (Elon Musk, nello specifico: un misogino conclamato) a tirare le fila.
Ci risentiamo forse martedì, forse no.
Giulia
La rabbia a leggere.
Posso solo immaginare quanta rabbia a scrivere.