L’efficacia è un falso mito
A volte ci chiediamo se abbiamo detto tutto quello che volevamo dire, se annoiamo parlando o se rischiamo di rubare troppo tempo ai nostri interlocutori. Ma perché?
Spesso perdiamo tempo in lunghe elaborazioni di interventi e presentazioni, facendole e rifacendole, fino a dubitare della loro struttura, dei contenuti stessi, della nostra capacità di esporli e quindi della loro efficacia.
Ma quello dell’efficacia è un falso mito.
Molti imprenditori e molti manager si cimentano nella scrittura di un discorso che non riusciranno mai a memorizzare; sudano per ore cercando di ripeterlo con ossessione, angustiandosi e recitandolo infine un po’ come una noiosa poesiola natalizia. Questi comportamenti ci fanno perdere tempo ed energie, sono cioè inefficienti. Che cosa significa in pratica? Pensiamo agli edifici.
Raffreddare una stanza esposta a sud con pareti antiquate costringe il climatizzatore a combattere contro muri bollenti che sono come enormi caloriferi. Risultato: inefficienza energetica con alti costi e scarsa efficacia nel risultato di raffreddamento. E la nostra comunicazione?
Rendere efficiente la nostra comunicazione significa ridurre i tempi di preparazione e semplificare l'esposizione in qualunque situazione. In altre parole, ottenere la massima resa con la minima spesa.
L'efficienza può facilitare la nostra comunicazione: è il modo più economico per raggiungere l'efficacia.
Carissime e carissimi,
a partire da questa edizione della newsletter, ho deciso di rispondere alle vostre domande. Lo faccio già sul mio canale Telegram, e ora anche qui.
È il modo per tenerci in contatto e per approfondire tematiche di reale interesse, ovviamente pratiche. Scrivetemi se volete chiedermi.
Comincio rispondendo a due persone che mi hanno scritto sul mio canale Youtube. Nel primo caso, sulla questione delle pause, che sono uno strumento di autorevolezza comunicativa.
Nel secondo caso, sulla propria espressività facciale durante le interazioni: si tratta di una questione molto più profonda della mera prestazione.
Pause e Velocità nell'Oratoria
Questa domanda mi è arrivata come commento al video in cui parlo di quanto le pause aiutino le persone a parlare con concentrazione e in focus:
DOMANDA "Ti chiedo se le pause sono così importanti, perché tutti gli youtuber più famosi parlano velocissimo e anzi raddoppiano volutamente la velocità del proprio audio"
RISPONDO
Riguardo agli youtuber più famosi, non posso esprimermi in quanto potremmo seguire canali diversi.
Circa le pause, invece, sono importanti, anzi sono vitali. Attenzione, perché, facendo un paragone con la guida dell’auto, una pausa non è una sosta ma è una fermata. Si tratta allora di un momento rapido in cui mi permetto di riprendere fiato.
La pausa porta a far percepire un senso di attesa da parte di chi sta ascoltando, che ha così il tempo di metabolizzare il concetto appena ascoltato e di sentirsi pronto o pronta per ricevere un altro concetto, alla ricerca del nesso logico. In altri termini, chi ascolta ha la possibilità di collegare in modo attivo i concetti che sono espressi da chi parla.
Questo significa che i nostri ascoltatori non sono passivi ma sono attivi e cioè emotivamente e cognitivamente in presenza.
È importante notare che stai parlando di due fattori diversi, da una parte la pausa e dall'altra la velocità dell'eloquio.
In realtà noi possiamo parlare anche velocemente - o lentamente oppure, meglio, variando le velocità - eppure inserire pause tra un periodo e l'altro e tra un “paragrafo” e l'altro del nostro discorso.
Ciò che conta è che quando parliamo noi ci poniamo sempre un obiettivo preciso che non è quello di mandare concetti ma è quello di aiutare chi ascolta a comprendere i concetti che mandiamo.
Analisi dell'interazione e della comunicazione
La seconda domanda di oggi (da questo video sull’espressività del volto):
DOMANDA “Quando mi rivedo nei video e nelle foto mi accorgo che la mia mimica facciale e il mio linguaggio del corpo comunicano una personalità da agnellino, come se mi vedessi remissiva, un po' trasecolata, con un sorriso troppo dolce e accondiscendente e questo non riflette come mi sento dentro. Sorrido abbondantemente, annuisco spesso quando ascolto l'interlocutore. Sono abitudini che non riesco ad eliminare. Vorrei che la mia mimica comunicasse una donna femminile sì, ma decisa, risoluta, pragmatica. Che esercizi potrei fare, a parte lavorare sui miei pensieri e il mio carattere?”
RISPONDO
Devo precisare che non posso dare una risposta davvero su misura perché ho bisogno di vedere la persona in azione e di poter fare domande dirette su misura in base a ciò che ho realmente osservato: da qui posso proporre attività pratiche per comprendere la dinamica.
Fatta questa precisazione, io penso che sia fondamentale chiederci a che cosa stiamo davvero annuendo e sorridendo durante l’ascolto.
Stiamo annuendo e sorridendo esattamente a ciò che stiamo ascoltando in quel preciso momento? Oppure alla persona che abbiamo davanti, a prescindere dai contenuti, o alla relazione che si è instaurata, o ancora ai concetti che avevo sentito poco prima e di cui sto ancora percependo il riverbero emotivo e intellettuale?
Precisiamo poi che un conto è annuire, un conto è sorridere.
Il sorriso può esprimere un sentimento verso la persona, la situazione o entrambi. Annuire perlopiù indica comprensione o accettazione di un concetto appena ascoltato: è un atto più legato all’istante contingente.
In tutto questo, un lavoro fondante è sul focus mentre parliamo, ecco qui un video che suggerisco di vedere.
Le finalità dell’interazione
Un'altra domanda fondamentale che dovremmo porci è: quali sono le finalità della nostra interazione? In altri termini: che cosa vogliamo ottenere? Vogliamo rinforzare la persona? Vogliamo facilitare la sua espressione? Vogliamo ascoltarla per aiutarla al meglio nella ricerca di soluzioni a eventuali questioni, problemi, difficoltà? O vogliamo semplicemente conoscerla di più?
Infine, una domanda più generale: perché voler mostrare a tutti i costi una certa immagine di sé?
La persona che mi ha scritto racconta di questa immagine da agnellino, remissiva, trasecolata e con un sorriso troppo dolce nonostante dentro si senta diversamente o voglia sentirsi diversamente. Spesso il rischio è che vogliamo dare un'immagine diversa da quello che stiamo provando nel momento in cui lo stiamo provando, fino a voler dare un'immagine fittizia e idealmente corretta, che prescinde dalla relazione umana instaurata. Per non parlare del pericolo di volerci auto ammaestrare.
Ancora una volta torniamo alla domanda precedente, e cioè: quali sono le vere finalità dell'interazione che stiamo conducendo?
E adesso…
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