“Le porte di Durin, Signore di Moria - Di’ amico ed entra.”
- John Ronald Reuel Tolkien
La next big thing è sempre quella che rende accessibile la last big thing.
Sappiamo bene che è così quando noi esseri umani creiamo o progettiamo qualcosa. È un errore concentrare tutti gli sforzi sul prodotto a scapito di usabilità e distribuzione: infatti anche il migliore tra i prodotti, senza utenti, perde contro un prodotto peggiore ma in compenso accessibile.
Lo stesso vale per le risorse minerarie. Se la conoscenza è un catalizzatore, in grado di rendere utile un insieme di atomi nel sottosuolo, da sola essa non basta: quegli atomi acquistano reale valore nel momento in cui vi si può accedere. Un fatto ben chiaro sin dalla Seconda Era nella storia di Arda, quando il fabbro Celebrimbor e il nano Narvi si diedero da fare per costruire la Porta Occidentale delle miniere di Khazad-dûm.
Come racconta Gandalf ne Il Signore degli Anelli, molti popoli erano a conoscenza delle enormi risorse che vi giacevano, estese per molte miglia sotto le tre più alte vette delle Montagne Nebbiose. Filoni metalliferi ricchi di oro, ferro ma soprattutto di mithril: il metallo elfico “leggero come la piuma ma duro come le scaglie di drago”.
Eppure, solo i Nani vi avevano accesso (dunque se ne assicuravano lo sfruttamento).
Dall’esterno, nessuno che non fosse a conoscenza della parola magica avrebbe potuto aprire le porte e scendere, lungo l’Interminabile Scala, verso l’abisso delle miniere.
Riserve
Cosa sono? E soprattutto: in cosa sono diverse dalle risorse?
Ecco il punto chiave: le risorse sono dei depositi indicati come probabili, a seguito di carotaggi volti a caratterizzarne volume, geometria, tenore del minerale etc. Non tutte le risorse, però, sono effettivamente sfruttabili. Ciò accade per tre ordini di motivi:
parte delle risorse non è ancora stata caratterizzata con certezza
parte delle risorse non può essere estratta con le tecnologie attuali
parte delle risorse può essere estratta con le tecnologie attuali, ma non si riesce a farlo in maniera economicamente sostenibile, ovvero a prezzi competitivi
In altre parole, alcune risorse sono come “bloccate”. La loro estrazione ha alto rischio minerario (per esempio: i carotaggi eseguiti sono ancora pochi e/o molto distanziati, e dunque restituiscono un’immagine “a grana grossa” del deposito) oppure ha una bassa fattibilità tecnico-economica.
La quota parte di risorse effettivamente sfruttabili prende il nome di riserve.
Queste quantità sono, poi, classificate in base al valore di probabilità P che hanno di essere commercialmente messe in produzione alle condizioni tecniche, economiche e operative attuali:
certe (P > 90%), suddivise ulteriormente in sviluppate e non sviluppate a seconda che derivino da giacimenti già in produzione o meno
probabili (P > 50%), e infine
possibili (P > 10%)
Il ruolo della tecnologia
“Mithril! Tutti i popoli lo desideravano. Poteva lavorarsi come rame, e lucidarsi come vetro; ed i Nani sapevano trasformarlo in un metallo leggero ma più duro dell'acciaio temperato. Aveva la bellezza del comune argento, ma non si offuscava, né si oscurava mai.”
- John Ronald Reuel Tolkien
Si stima che nel mondo ci siano ca. 98 milioni di tonnellate di litio.
Queste sono le risorse. Le riserve, invece, sono al momento circa un quarto di questa quantità: vuol dire 26 milioni di tonnellate su 98 (26.5%) possono essere estratte con le tecnologie attuali e a prezzi competitivi.
L'estrazione mineraria è l'arte di sfruttare i depositi ricavandone un profitto.
Se riflettiamo sul ruolo della tecnologia, è importante notare che queste cifre sono una istantanea riferita a un certo tempo t: risorse e riserve cambiano continuamente, man mano che le tecnologie di estrazione del litio migliorano.
Facciamo un esempio, fissando le idee sul tipo di riserve numericamente più rilevante. Il 56.0% ca. di quei 26 milioni di tonnellate si concentra nei salares di Cile, Argentina e Bolivia, sotto forma di salamoie ricche di sali di litio. La tecnica estrattiva standard consiste nel pompare queste salamoie in superficie e nel farle evaporare in dei grandi stagni.
Ora. L’estrazione per evaporazione è un processo che dura tanto, poco efficiente (il tasso di recupero è dell’ordine del 50%) e ad alto impatto ambientale, dal momento che consuma molta acqua. Una delle tecnologie che si stanno mettendo a punto, per ovviare al problema, si chiama estrazione diretta del litio (DLE). Utilizza impianti di dimensioni contenute che aspirano la salamoia e, attraverso filtri e sorbenti chimici, separano il litio dal resto della miscela. Risultato:
minore consumo d’acqua dolce
minore durata delle operazioni (giorni, contro mesi)
migliore resa (tasso di recupero dell’ordine dell’80%)
Il terzo è il punto cruciale. Infatti, migliorando la resa, la DLE permetterà di sfruttare in modo profittevole dei giacimenti a basse concentrazioni di litio - allargherà, cioè, il perimetro delle riserve.
Questo è un trend già in essere. Lo traina la domanda in continua crescita di litio per batterie di auto elettriche che, tra oggi e il 2050, si prevede aumenti di nove volte, fino a sfiorare i 7 milioni di tonnellate. Se ci immaginiamo la Terra come una “dispensa” con una quantità fissa, immutabile di risorse, potremmo aspettarci una diminuzione progressiva.
Eppure i dati mostrano l’esatto contrario:
Se cerchiamo un esempio di quanto straordinaria sia la nostra specie, eccolo. Appena un decennio fa, lo U.S. Geological Survey stimava che le riserve di litio fossero ca. 13 milioni di tonnellate, a fronte degli attuali 26.
In questo, noi esseri umani ci scopriamo simili alla stirpe di Durin.
Quando vogliamo davvero ottenere qualcosa, diventiamo molto bravi a scovarla.
Il ruolo del mercato
“La ricchezza di Moria non era nell'oro o nei gioielli, gingilli dei Nani; non era nel ferro, loro schiavo. Tali cose, è vero, abbondano qui; e specialmente il ferro. Ma non era necessario che essi scavassero per procurarseli: tutto ciò che desideravano potevano ottenerlo con il commercio.”
- John Ronald Reuel Tolkien
La domanda, qui, potrebbe essere: deve averne uno?
Dopotutto, se un certo materiale è indispensabile per la transizione energetica, perché mai non dovrebbe essere estratto a prescindere dalla convenienza economica? Se il fine è quello Giusto, per quale motivo l’utile non dovrebbe essere sacrificato sull’altare del dirigismo climatico?
La risposta, o per lo meno un pezzo, sta nel concetto che abbiamo iniziato a esplorare qualche giorno fa: il mercato ci serve perché siamo ignoranti.
Se è vero che uno dei motori prossimi della sostenibilità è l’innovazione, è anche vero che innovare comporta sempre l’assunzione di rischi. Un investimento può rivelarsi un passo falso e causare la bancarotta di chi lo ha intrapreso; un’innovazione come la DLE, apparentemente promettente, può rivelarsi un buco nell’acqua.
Come riuscire a trovare la tecnologia migliore, o più efficiente?
Le variabili in gioco sono innumerevoli, e ancora più innumerevoli sono le possibilità generate da tutte le loro reciproche interazioni. Una complessità tale che solo Dio, o il demone di Laplace, potrebbero sperare di cavarsela:
“Un intelletto che ad un determinato istante dovesse conoscere tutte le forze che mettono in moto la natura, e tutte le posizioni di tutti gli oggetti di cui la natura è composta, se questo intelletto fosse inoltre sufficientemente ampio da sottoporre questi dati ad analisi, esso racchiuderebbe in un'unica formula i movimenti dei corpi più grandi dell'universo e quelli degli atomi più piccoli; per un tale intelletto nulla sarebbe incerto ed il futuro proprio come il passato sarebbe evidente davanti ai suoi occhi.”
Poiché invece noi esseri umani siamo fallibili, è impossibile per un Decisore Centrale trovare la Pallottola d’Argento: ossia la tecnologia che funziona per tutti i depositi e in tutti i contesti.
È qui che entra in gioco il mercato.
Il mercato è uno strumento di calcolo distribuito (grid computing) di cui ci siamo dotati nello sforzo collettivo di rendere più vasto il nostro intelletto. In tal modo, riusciamo a a ottimizzare l'allocazione di risorse scarse, nonostante il problema richieda potenza di calcolo di gran lunga superiore a quella del singolo individuo.
I prezzi costituiscono l'analogo dei bit: sono, cioè, i segnali mediante cui elaboriamo informazione. Se, ad esempio, nel giro di un paio d’anni il prezzo del litio aumenta di 13 volte, questo trasmette informazioni cruciali. Racconta, tra le altre cose, di come:
il rialzo nei prezzi dell’energia abbia dato un nuovo, e diverso, senso di urgenza alla transizione energetica
la domanda di auto elettriche sia in continuo aumento
la curva di apprendimento per la tecnologia delle batterie sia molto ripida
È stato questo segnale che ha spinto i produttori di auto elettriche, in particolar modo Ford e Tesla, a esplorare altre strategie d’approvvigionamento tramite accordi diretti con aziende e investimenti in nuove tecnologie di estrazione, come la DLE.
Se la priorità è quella di ridurre e poi azzerare le emissioni nette di CO2, allora ci sono evidenti ragioni per salvaguardare il ruolo del mercato e gli strumenti che esso mette a nostra disposizione gestire i trade-off della transizione.
🧰 Toolbox
Brussato G., Energia verde? Prepariamoci a scavare, Montaonda, 2021
Tolkien J. R. R., Il Signore degli Anelli, Bompiani, 2003
🎨 Artwork
Pignatti L., Riserve (2023)