Elezioni e raduni illegali
Tra le midterm elections che definiranno il futuro degli Stati Uniti, le polemiche sul "decreto rave" e gli aggiornamenti dal resto del mondo, buona settimana con le Weekly Pills!
Sliding doors
La prossima sarà una settimana critica per gli Stati Uniti, più di quella volta, nel lontano 1981, in cui dovettero decidere se il ketchup potesse essere considerato o meno una verdura nelle mense scolastiche (tutto vero). L’8 novembre si terranno le famigerate “midterm elections”, cioè le elezioni di metà mandato, che renderebbero fiero Alessandro Borghese per la loro potenzialità di confermare o ribaltare il panorama politico statunitense dei prossimi 4 anni. Le elezioni di metà mandato sono delle elezioni che si tengono dopo due anni dall’elezione del Presidente e in cui il popolo americano è chiamato a votare per rinnovare quasi completamente il Congresso – cioè il loro Parlamento – ed eleggere altre centinaia di cariche pubbliche tra Governatori degli Stati, sindaci e Parlamenti locali. Con queste elezioni, quindi, si rinnovano le fondamenta della macchina pubblica statunitense: in base a quale dei due partiti vincerà più cariche, la politica americana prenderà una strada piuttosto che un’altra.
La votazione più importante riguarda di sicuro quella del Congresso, dove tutti i 435 seggi della House of Representatives (la nostra Camera dei Deputati) e 35 seggi del Senato saranno rinnovati. In questo momento il Partito Democratico di Joe Biden ha una maggioranza estremamente risicata in entrambe le Camere del Congresso: per questo motivo fino ad ora i Democratici sono riusciti a portare avanti, seppur con enorme fatica, le loro iniziative e le loro leggi. Se i Repubblicani ottenessero la maggioranza del Congresso, invece, potrebbero opporsi a qualsiasi disegno di legge proposto dal Presidente e dal suo partito, avendo il potere di bloccare completamente l’agenda politica progressista dei Dem. Insomma, queste midterm elections hanno un’importanza pratica quasi pari a quelle Presidenziali, e per questo stanno catalizzando così tanta attenzione.
Ma quindi, com’è la situazione? Cosa dobbiamo aspettarci?
Storicamente le Midterms premiano sempre il partito all’opposizione, a prescindere da tutto, in base a quel sentimento universale per cui chiunque sia al governo non fa mai un lavoro adeguato (per fare degli esempi molto recenti, è successo sia con Obama che con Trump), quindi i Democratici partono svantaggiati. Nella realtà politica, tuttavia, ci sono diversi fattori che influenzeranno l’esito delle votazioni, in base a tutto quello che è successo in questi due anni. Prima di tutto, nel 2020 sono stati ridisegnati i distretti legislativi dei vari Stati, a seguito del censimento decennale della popolazione. Negli Stati Uniti, infatti, ogni dieci anni si ridisegnano i confini dei territori all’interno dei quali i cittadini votano i candidati (che funzionano come i nostri seggi uninominali e plurinominali, che cambiano in base alla città in cui viviamo). Molti di questi distretti sono stati ridisegnati secondo la tecnica del “gerrymandering” (qui spiegato), una pratica legale ma molto controversa che permette di aumentare le possibilità di vittoria di una fazione politica piuttosto che un’altra, e sotto questo punto di vista i Repubblicani hanno fatto un ottimo lavoro. Poi, bisogna tenere conto del tasso di approvazione di Joe Biden, che da agosto 2021 è sotto la soglia del 50%, un minimo storico toccato poche volte negli ultimi anni. Stando ai sondaggi ora si trova al 42,3%, mentre il tasso di disapprovazione è al 53,2%. Questo sicuramente influirà sui voti che il partito Democratico potrà ricevere l’8 novembre. Ma come mai Biden è così poco popolare? Nonostante abbia portato avanti un’agenda politica abbastanza progressista e in realtà molto densa – si va dai trilioni di aiuti all’economia durante la pandemia alla cancellazione di una parte del debito studentesco di milioni di americani – la crisi energetica e l’inflazione che sta colpendo tutto il mondo lo hanno reso impopolare agli occhi di moltissimi americani, che gliene danno la colpa. Nel Paese che ha inventato il capitalismo e i macchinoni, se ci sono due cose che non devono essere toccate sono il costo della vita e della benzina: non c’è da stupirsi che la retorica Repubblicana di opposizione abbia attecchito facilmente.
Ci sono, tuttavia, altri campi di battaglia su cui si combatte la guerra elettorale. Uno fra questi è la questione dell’aborto, esplosa negli ultimi mesi dopo il ribaltamento della sentenza Roe vs Wade, che nel giugno di quest’anno ha eliminato la protezione federale al diritto all’aborto. Questa sentenza della Corte Suprema ha lasciato a molti Stati governati dai Repubblicani la facoltà di limitare o addirittura annullare la possibilità di accedere alle pratiche di aborto sicuro (perché, ricordiamo, nei Paesi dove l’aborto è illegale non diminuisce il numero di aborti, diminuisce solo il numero di aborti eseguiti in maniera sicura negli ospedali), mettendo sul piede di guerra una parte consistente dell’opinione pubblica e mettendo anche in crisi una parte non trascurabile di elettrici repubblicane, che quindi potrebbero finire per votare i Democratici. Anche sulle armi si discute molto da mesi, viste le sparatorie di massa che continuano a susseguirsi: al centro del dibattito c’è la possibilità di approvare delle leggi per limitare la vendita di armi da fuoco, ma il tema è storicamente inviso ai Repubblicani. Altri topic molto divisivi sono il cambiamento climatico, la guerra in Ucraina (in cui gli storici legami tra Trump e i Repubblicani con la Russia potrebbero giocare a loro sfavore), l’immigrazione (su cui gli sforzi dei Democratici non sembrano essere stati apprezzati dall’elettorato) e la questione dei diritti civili.
Un ultimo elemento molto importante è quello della figura di Trump, ancora assolutamente presente nella scena mediatica e politica, e della “Big Lie”: la Grande Bugia perpetuata dai molti Repubblicani – anche candidati a queste elezioni – secondo cui le ultime elezioni presidenziali sarebbero state “rubate” e Donald Trump sarebbe il vero Presidente in carica. Si tratta di una retorica molto pericolosa che sta causando una polarizzazione estrema dell’opinione pubblica e politica statunitense, che continua a essere un cavallo di battaglia dei candidati repubblicani e che potrebbe portare a violenze sempre più estreme (possiamo ricordare come proprio questa Big Lie sia stata la causa dell’insurrezione di Capitol Hill del 6 gennaio 2021, e del recente attacco ai danni del marito di Nancy Pelosi, speaker Democratica della Camera). Proprio per questo Joe Biden in settimana ha tenuto un discorso in cui ha accusato Trump e i suoi sostenitori di mettere a rischio la democrazia stessa degli Stati Uniti con le loro teorie del complotto e il loro estremismo fanatico nei confronti del tycoon, che dal canto suo molto probabilmente si ricandiderà per le elezioni presidenziali del 2024. La stessa cosa che farà Joe Biden, tra l’altro.
Per tirare le somme: i Dems sono dati come sfavoriti dagli analisti e dai sondaggi. È molto probabile che i Repubblicani vincano queste elezioni e prendano il controllo quantomeno della House of Representatives, mentre il Senato sembra essere ancora in bilico. In ogni caso, perdendo anche solo una Camera, sarà quasi impossibile per Joe Biden portare avanti le sue politiche, visto che l'opposizione repubblicana in questo clima sarà decisamente terminale. Tuttavia, nulla è ancora detto: i sondaggi non sono mai fotografie precise della realtà - per quello possiamo solo aspettare le urne - e negli ultimi mesi i Democratici sono riusciti a guadagnare molto terreno sui Repubblicani rispetto all’inizio dell’anno. Tenere il Senato per Joe Biden è considerato fattibile, anche se i Repubblicani sono leggermente favoriti. Staremo a vedere.
Facciamo serata? Ah no?
La settimana per il nuovo governo Meloni è cominciata col botto, o meglio con la musica a palla, visto che un articolo del primo decreto approvato lunedì mattina dall’esecutivo ha fatto parlare di sé e scatenato un dibattito in tutta Italia che non si è ancora fermato. Questo decreto ha introdotto nel nostro codice penale un nuovo tipo di reato, che nelle intenzioni della destra doveva andare a colpire direttamente la problematica dei “rave illegali”, le feste organizzate in giro per l’Italia (in tutto il mondo in realtà) in maniera abusiva e in luoghi non a norma che attraggono storicamente centinaia se non migliaia di persone. L’ultimo entrato nelle cronache - che è stato la causa scatenante di questa nuova legge - è stato quello organizzato a Modena lo scorso weekend, a cui hanno partecipato oltre tremila persone e che poi è stato interrotto e fatto sgomberare dalla polizia.
Secondo molti giuristi ed esperti, il problema del decreto emanato dal Governo risiede nella genericità della norma con cui si vorrebbero contrastare i rave illegali. Il decreto legge riformula infatti l’articolo 434-bis del codice penale per punire “l’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica.” Le critiche mosse sono che, in primis, il termine “rave” non viene nemmeno citato, e questo rappresenterebbe un pericolo poiché da un punto di vista giuridico lascerebbe un’enorme discrezionalità su cosa possa essere considerato un “raduno” illegale. I critici della norma sostengono che possa essere utilizzata per punire raduni anche molto diversi dai rave, come manifestazioni di lavoratori oppure occupazioni studentesche, e diventare uno strumento di repressione del dissenso. In secondo luogo, la pena prevista arriva fino ai 100mila euro di multa e 6 anni di galera: una punizione considerata esagerata da molti, vista la gravità del fatto e la relazione con le pene di altri reati considerati più gravi.
Il Governo è stato accusato da più parti di voler utilizzare quello dei rave come uno specchietto per le allodole, una manovra populista per l’elettorato al fine di distrarlo da problemi decisamente più importanti (come il caro bollette). A essere criticata è stata soprattutto la velocità con cui è stato pensato e approvato il decreto: su questioni del genere, che vanno a toccare l’articolo 17 della Costituzione che protegge il diritto di riunione pacifica dei cittadini italiani, è di solito necessario un calcolo minuzioso delle formule utilizzate, per evitare di appesantire il nostro codice penale con norme superflue, in cui poi diventerà un problema per la Magistratura districarcisi, con effetti negativi sul nostro sistema giudiziario già oberato di suo. Altri ancora ricordano che i rave illegali possono essere già puniti dall’articolo 633 del codice penale.
Per questo, a seguito delle critiche, sia opposizione che maggioranza si sono trovate d’accordo sulla necessità di rivedere e modificare il decreto in Parlamento, dove è arrivato ieri (dal momento che i decreti del governo devono comunque passare in Parlamento per essere convertiti in legge). Il testo verrà sicuramente modificato e si troverà un accordo tra le parti per finalizzare una scrittura più ragionevole e delle pene più basse. Bisognerà aspettare qualche giorno per assegnare il testo a una commissione in Senato, dove per ora è stato solo presentato, ma l’iter è cominciato. Per buona pace di tutti voi coraggiosi del sabato sera.
Nel resto del mondo
Missili e scintille in Corea
Dopo la strage di Halloween, quando nel quartiere di Itaewon di Seoul sono morte più di 150 persone tra ragazzi e ragazze, la Corea del Sud si prepara a vivere un’altra settimana molto difficile. Mercoledì infatti il paese si è svegliato con una sorpresa poco piacevole da parte del suo storico rivale, la Corea del Nord, che ha lanciato ben 23 missili verso il Mar del Giappone, uno dei quali è arrivato a meno di 60 km dalle coste sudcoreane. Venerdì invece Seoul ha dichiarato di aver fatto decollare 80 jet da combattimento, dopo aver individuato circa 180 aerei nordcoreani che sorvolavano la zona di confine tra i due stati. Insomma, non proprio una situazione tranquilla. Certo, è da mezzo secolo che la tensione tra i due Paesi si alza e si abbassa come la marea. Stavolta, però, il livello di tensione sembra si stia innalzando a un ritmo vertiginoso. Basti notare che, stando alle dichiarazioni dell’esercito sudcoreano, si tratta della prima volta dalla suddivisione della penisola che un missile è “atterrato a sud della NLL (Northern Limit Line, ovvero la linea di demarcazione tra le due Coree) vicino al nostro mare territoriale". Altro dettaglio di non poco conto: il 2022 è l’anno in cui la Corea del Nord ha lanciato più missili degli ultimi anni. Ad oggi sono ben 58, contro i 15 dell’anno precedente o i 9 di quello prima. Insomma, mercoledì in un solo giorno il leader nordcoreano Kim Jong-Un ha deciso di lanciare tanti missili quanti nei due anni precedenti.
A questo punto però bisogna chiedersi: per quale motivo la Corea del Nord lancia missili? Ci sono diverse risposte a questa domanda. Prima di tutto, una prova di forza del genere ha sicuramente un valore propagandistico interno per il leader nordcoreano, che può porre l’attenzione sul progresso tecnico e la forza militare del suo Paese, distogliendola invece dai gravi problemi economici. In secondo luogo, la Corea del Nord ha dichiarato di aver effettuato il lancio dei missili come risposta all’esercitazione militare congiunta, soprannominata Vigilant Storm, che Stati Uniti e Corea del Sud stanno svolgendo da agosto scorso.
Ottime notizie dal Tigray
Uno dei conflitti più letali al mondo, come l’ha definito Amnesty International, sta volgendo al termine. È quanto emerge dai negoziati di pace iniziati il 24 ottobre a Pretoria, in Sudafrica, e terminati con un primo accordo tra le forze ribelli del Tigray e il governo federale dell’Etiopia. Accordo che secondo il capo della delegazione tigrina, Getachew Reda, dimostra "la volontà di entrambe le parti di lasciarsi il passato alle spalle". L’accordo per la "cessazione delle ostilità" e il "disarmo ordinato" è arrivato il 2 novembre, a meno di quarantotto ore dal secondo anniversario dell’inizio della guerra, scoppiata il 4 novembre del 2020. In quella data l’esercito etiope, su volere del primo ministro Abiy Ahmed, era entrato con la forza nel Tigray, regione ribelle nel nord dell’Etiopia, guidata dal Fronte Popolare di Liberazione del Tigrè (TPLF), partito etiope storico accusato dal governo di Abiy Ahmed di non voler riconoscere l’autorità centrale di Addis Abeba (capitale etiope). Tra i punti principali della dichiarazione firmata dalle due parti troviamo il riconoscimento e la salvaguardia della integrità e unità territoriale dell'Etiopia, il disarmo e la smobilitazione del TPLF e l’ingresso senza condizioni di aiuti umanitari nella zona colpita dalla guerra. Quest’ultima, in particolare, è un’ottima notizia per quei 6 milioni di tigrini che, per oltre un anno, a causa del blocco agli aiuti umanitari nella regione imposto dal governo etiope sono stati tagliati fuori dal mondo, rimanendo in gran parte privi di elettricità e telecomunicazioni e con difficile accesso a cibo e medicinali.
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Questa domanda chissà quante bellissime relazioni ha spaccato.
Perché si parla delle spunte blu di Twitter?
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Elon Musk ha annunciato che la subscription a Twitter Blue costerà otto dollari, e insieme a quello la possibilità di avere la spunta blu del verificato, ma molti non l’hanno presa bene:
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Domani inizia ufficialmente la COP 27, la più importante conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite. Durerà fino al 18 novembre.
L’8 novembre ci sarà l’Election Day per le elezioni di metà mandato negli Stati Uniti.